venerdì, maggio 25, 2007


Ricconi-smart

Il presidente-smart degli industriali italiani, i peggiori d’Europa come li ha definiti una volta Prodi (che li conosce bene perché ci ha pomiciato per tutta la vita), i peggiori del mondo dico io, tra le altre cose ha detto che loro hanno “dato” molto, e ora tocca alla politica dare (a loro), perché nella barca sono quelli "che remano". Ma guarda un po’. Credevo che avessero soprattutto “preso” nella lunga storia di finanziamenti a fondo perduto, assistenzialismo selvaggio, cassa integrazione a volontà con la quale hanno devastato l’INPS, attentati ai diritti del lavoro, truffe mondiali come il caso Parmalat e molto altro. Deve essere come scrivono i giornali, cioè che il presidente-smart, dopo varie soffiate, allusioni, e continue smentite da parte sua, sta davvero per entrare in politica. Così alle prossime elezioni dopo Briatore questo paese dovrà farsi carico anche del presidente-smart. Che avrà un successo clamoroso, perché è noto che noi italiani adoriamo i ricchi, i potenti, diamo fiducia a chi ostenta il lusso, lo sfarzo. Li ammiriamo e li votiamo. Infatti siamo l’unico paese al mondo ad avere ancora un sultano.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Il problema è la fine della politica come visione. Ormai i politici (odio le generalizzazioni ma bisogna che diciamo : tutti) non sono che travét da sottoscala, sempre nella necessità, anziché di guardare avanti, di dover spiegare al popolino cosa non ha capito e continua a non capire -hanno, quando non vengono intesi sempre "problemi di comunicazione". Sono lì a ceracre di salvare una democrazia della quali sono sempre più i soli a beneficiarne. È la battaglia delle idee ad essere morta. E se conflitti si affacciano eccoli in gran parte a smorzare i toni a cercare di comprendere e comprendersi -ma questa non è tolleranza, è rinuncia al proprio modo di essere. Come meravigliarsi se spuntano poi sul cassero i Berlusconi, i Montezemolo -belli, ricchi, famosi e abbronzati? Fanno invidia, no? In fondo è vero sono gli unici a fare il proprio lavoro: tiràa sû i danée, come si dice a Milano. E come può non seguirli un popolo come quello italiano, sempre più gretto, chiuso, sempre più in debito di una cultura -e con una sinistra che ha svenduto pezzo per pezzo un patrimonio storico incredibile (anche con gli errori) in nome di una sorta di ammucchiata che altro non mi pare che un tentativo di riedizione di una DC con connotati "di sinistra"?

hr

Anonimo ha detto...

UNA LOCANDA PER LA NOTTE

Caro Baldrus, caro Hag Reijk,
avete ragione. Ripeto: avete ragione. E poi? E poi bisogna pur fare qualche cosa, dice l'illuminista che è dentro ad ognuno di noi.
E se vi dicessi che io ho invece soltanto voglia di scappare, scappare il più lontano possibile? Penso che non mancherò a nessuno e che nessuno mi mancherà.
Nel posto dove voglio andare già tutti mi conoscono e io conosco il nome di tutti i suoi abitanti.
Ti piace questa canzone? E' soltanto rock'n'roll, ma a me va bene così.
Qualcuno adesso sta suonando alla porta di casa mia, e mi sta dicendo di scappare.
Anche questa volta credo proprio che non andrò da nessuna parte.

Anonimo ha detto...

hag,sono d'accordo con quasi tutto (poi, come è già accaduto, sei ancora più pessimista di me...) però non tralascerei un aspetto della questione, cioè che oltre al disastro della politica, alla distruzione della credibilità, c'è purtroppo un certo talento naturale delle masse popolari italiche verso l'ammirazione - o l'invidia - della ricchezza ostentata, esibita con volgarità. Basta vedere quanti Suv si vedono in giro, molti dei quali, pare, sono pagati a rate; basta vedere che il sultano, con le sue leggi personalizzate, i palesi privilegi, ostentati, mostrati senza ritegno, è votato non solo da padroni e padroncini e aspiranti - o di fatto - evasori fiscali, ma da larghi settori popolari. E' dura quaggiù.

Poi Lorpat: bisogna fare qualcosa, da illumisti, o scappare (senza avere un vero nascondiglio)? E scappare è "fare qualcosa"?