giovedì, novembre 30, 2006


Ricordiamoci di ricordare

Questo è un autoritratto di Gianluca Lerici, alias Professor Bad Trip, pittore, grafico e illustratore morto il 25 novembre all’età di 43 anni. Sulla vita e le opere del Professor segnalo un articolo di Giuseppe Genna su Carmilla.

La verità?

In questo paese si saprà mai la verità sui fatti che vedono coinvolti pezzi dello Stato, le forze dell'Ordine, le stragi, le inchieste scomode? Si nominano commissioni, coordinamenti, poi tutto svanisce nel nulla, e nessun procedimento viene mai concluso. Sulla morte di Carlo Giuliani, durante i fatti del G8 di Genova, segnalo una intervista a Mario Placanica, l'ex carabiniere che fu accusato di avere sparato il colpo di pistola che uccise Giuliani. Su Carmilla.

martedì, novembre 21, 2006


Manuale del leccaculo

Mentre sfrucugliavo tra i libri della libreria Sala Borsa, che offre tutto con lo sconto del 30% (probabilmente in previsione della prossima, annunciata chiusura per contrasti insanabili col padrone di casa, il Comune di Bologna), mi è capitato tra le mani questo Manuale del Leccaculo, autore Richard Stengel (Fazi). Ma guarda, ho pensato, il solito titolo moderno (tipo il libro di Aldo Busi Bisogna avere i coglioni per prenderlo nel culo). L’ho sfogliato, letto qua e là e, sorpresa, mi è sembrato alquanto interessante. E’ una sorta di storia dell’adulazione, dall’antichità fino ai giorni nostri. L’autore segue l’adulazione attraverso la filosofia, la religione, la scrittura, i comportamenti, in un mix interessante di leggerezza, ottima documentazione, divulgazione e riflessione storica. Insomma, sono stato lì per comprarlo. Poi ero un po’ carico e ho lasciato perdere, ma mi è rimasta la curiosità, e non è detto che non la soddisferò.

giovedì, novembre 16, 2006


Con le spalle al muro

Mia figlia, che ha 12 anni, con altre ragazzine ha visto, durante una festicciola per Halloween, L’Esorcista. E’ stata una visione sconvolgente. Una di loro lo guardava in piedi vicino alla porta, e ogni tanto usciva, quando non reggeva certe scene. Le altre si coprivano gli occhi, e si facevano coraggio a vicenda con grida e abbracci. Erano sole, perché la madre della ragazzina padrona di casa era al lavoro.
Mia figlia continua a essere impressionata, e alla sera non vuole andare a letto con la luce spenta.
Noi non siamo per nulla contenti di questa storia, e siamo un po’ irritati con la madre padrona di casa perché le ha mollate a loro stesse con quella cassetta.
E’ un film, questo, che suscita fortissimi sensi di colpa. E’ questo il suo segreto, il segreto della paura che evoca e del suo successo. Mia figlia continua a fare domande sul diavolo, e non è facile dare delle risposte. Io dico con estrema nettezza che il diavolo non esiste, che è tutta un’invenzione delle religioni, che sono state inventate dall’uomo. Ma sono spiegazioni che non convincono (me stesso per primo), perché il film ha smosso paure che vengono dal profondo. Mia moglie, che è psicologa, fa un discorso più complesso, che verte sostanzialmente sul fatto che sono tematiche che non riguardano nostra figlia, perché la cosa fondamentale è condurre una vita serena, una vita allegra a contatto con la realtà quotidiana. In questo modo nessun diavolo potrà mai minacciarla. Cerca, insomma, di agire sul senso di colpa perché, dice, dichiarare semplicemente che il diavolo non esiste, in questa fase, non serve a nulla. E credo che abbia ragione, perché nostra figlia alle mie dichiarazioni reagisce con una non-reazione, mentre cerca di parlarne con sua madre. Perché ha bisogno di scaricare tensione, di parlare della sua paura, mentre la mia posizione finisce per essere una censura.
Poi è tornata a casa schifata perché un ragazzino suo coetaneo ha dei filmati porno scaricati nel telefonino. "Ma che schifo!" dice, e chiede, pur senza chiederlo apertamente, se io e sua madre facciamo quelle stesse cose "schifose".
E’ tutto maledettamente difficile, perché ci sono da prendere delle posizioni che non sono per nulla chiare. Poi viene un senso di rabbia, perché dei ragazzini di questa età dovrebbero avere contatti meno traumatici con questi aspetti della vita e delle emozioni così violentemente cannibalizzati dal mercato dello show-businness.

mercoledì, novembre 15, 2006

Ma come sono creativo
ingegneri, architetti e geometri uniti nella lotta

sabato, novembre 04, 2006


E' Tornato Martin Scorsese

Sì, Scorsese è tornato, dopo gli ultimi film un po’ indeterminati, zoppicanti, per quanto lussuosi, Gangs of New York e The Aviator. Si pensava che gli action movies americani duri fossero ormai estinti, annacquati irrimediabilmente dalla broda hollywoodiana che tutto omologa, ma è arrivato questo atteso prodotto del regista di Taxi Driver, Mean Street, Quei bravi ragazzi.
Ora, chi dice: “mah, a me il cinema americano non piace”, può restare a casa andarsi a vedere la Comencini (e non vi è qui alcuna critica alla Comencini, è solo una questione di scelta). Perché The Departed è un film americano puro, di quelli scorsesiani che “spaccano il culo”, va detto così: violento, paradossale, con quella dose di humor nero che lo contraddistingue, ma che non deborda, non disturba; il film di un regista americano che ama gli attori belli, ben diretti, ben vestiti, con belle armi, grandi sfondi, e grandissime musica (la colonna sonora, ricca di pezzi dei Rolling Stones e hard rock passati a volume altissimo, è da cardiopalma); un film con un ritmo che tiene avvinghiati ai braccioli, con colpi di scena, violenza esibita ma non ostentata, alla Scorsese appunto, e poi pazzia, una discesa negli inferi del Male e dell’Antiumano.

La storia narra di due giovani simulatori, Leonardo Di Caprio (che qui dà una delle sue più alte interpretazioni e lo laurea definitivamente come uno degli attori più interessanti della nuova scena) e Matt Damon: il primo è un poliziotto infiltrato nella banda di un noto criminale irlandese (interpretato da un Jack Nicholson d’annata, ringiovanito, con facce mefistofeliche, ferocia, pazzia e sentimentalismo), schizzato, impasticcato, violento e spaventato; il secondo invece è un infiltrato dello stesso gangster nella polizia di Boston, bel bambolotto americano dall’animo ultracriminale. Vi è questa doppia finzione, questa battaglia a distanza nell’ignoto dove l’uno cerca di identificare - e di fregare - l’altro. Su di loro, accanto a loro, vi è il capitano della polizia, uomo d’altri tempi, interpretato magnificamente da Martin Sheen (l’ufficiale che insegue Kurz in Apocalypse Now). E poi i doppi e i tripli giochi del Potere, i giochi sporchi e clansdestini del FBI, l'intrigo che ovunque serpeggia. Il tutto è diretto e fotografato con grande forza, eleganza e decisione.

Il finale, di assoluta tragedia, ricorda Le Jene di Tarantino.

Un film imperdibile per gli amanti del genere e del regista italoamericano, finalmente, e per chi teme Hollywood si tranquillizzi: Scorsese è e resta un newyorkese di pura razza.