giovedì, settembre 29, 2011

L'amore maschio di The Eagle

E’ probabile che The Eagle abbia la sua vita medio-breve, più o meno due-tre settimane nelle sale cinematografiche, poi scenda nella sterminata giungla dei dvd. Accade questo nell’attuale mercato cinematografico, simile al suo compadre letterario, iperproduzione, consumo ultrarapido delle offerte, usa e getta sempre più frenetico. In questo sistema passa di tutto, roba commerciale, tirata via, ma anche buoni prodotti, che in pochi scoprono per mancanza di tempo e di spazio.
The Eagle appartiene in parte a questa categoria, anche se oggi trovare un “prodotto” (siamo costretti a usare questo termine, perché il concetto di “opera” è più impegnativo, meno dipendente da quel Golem chiamato Mercato) privo, o quasi, di ingenuità, cadute di stile ecc. è difficile.
Lo sono le matrici, gli iper-prodotti creati coi criteri d’eccellenza ai quali poi si ispirano quelli successivi, in questo caso Il Gladiatore e 300, senz’altro punti di riferimento di The Eagle. Ma sono pochi esemplari, che riescono a coniugare col giusto equilibrio le esigenze di divertimento, di evasione, di spettacolo, con lo stile, l’etica, la ricerca, la coerenza.
Dai due film citati il nostro prende certamente l’epica dei guerrieri e degli eroi, la spettacolarizzazione di una certa antichità militare, il fascino della ricostruzione scenografica, i costumi, le armi, per cui rappresenta una tentazione quasi irresistibile per gli appassionati di film e romanzi storici. Non riesce ad avere il loro rigore però, e si sfilaccia nella sceneggiatura impaziente, nell’esagerazione quasi patetica del concetto di “onore”, di “coraggio”, di “valore”. Ma chi va a vedere un film come questo è armato di pazienza, sa che di Gladiatore ne esisterà uno solo per chissà quanto, e se trova qualcosa che si pone al di sopra dello standard qualitativo medio dei cloni, è soddisfatto. Come accade nel caso di The Eagle appunto.

La storia è ispirata a un classico romanzo storico degli anni Cinquanta, The Eagle of the Ninth della scrittrice inglese Rosemary Sutcliff, scritto intorno a una leggenda effettivamente esistente in Scozia, cioè il massacro della Nona Legione romana, nel II secolo d.c. da parte dei britanni. Il figlio di un centurione di quella Legione, Marco, chiede di essere inviato in un forte della frontiera proprio perché vuole ritrovare le tracce di suo padre, scomparso con la Legione, e il cui onore è compromesso per la perdita del vessillo, cioè l’aquila dorata, simbolo di Roma. Ci sono ottimi combattimenti (e qui spadroneggia 300, con inquadrature molto simili anche se non può competere col suo iper-realismo), fascinose rappresentazioni dei barbari, che rivelano riferimenti interessanti con gli eventi antichi, non si sa se casuali o derivanti da una vera ricerca storica. Per esempio, durante un attacco dei britanni, il druido che li comanda si rivolge ai romani e grida loro che combatteranno fino alla fine perché hanno rubato tutto al suo popolo, reso schiavi gli uomini, stuprato le donne. Sembra il discorso del capo dei britanni nell’Agricola, uno straordinario manifesto della resistenza che il romano Tacito riporta con una fedeltà e un rigore che fanno pensare a una simpatia verso i nemici, o quanto meno a una comprensione sincera dei loro argomenti.

Il comandante Marco, uno dei bellocci di Hollywood, Channing Tatum, un attore che, apprendiamo, ha iniziato “scuotendo il bel sederino nel videoclip She Bangs di Ricky Martin”, viene ferito gravemente e congedato con onore. Passa la convalescenza dallo zio, un patrizio interpretato dal sempre sgargiante Donald Sutherland. Qui, durante uno spettacolo con gladiatori, salva la vita a un bello schiavo britanno di nome Esca, l’attore Jamie Bell, che ricordiamo come interprete di Billy Elliot . Sarà il “suo” schiavo, e lo accompagnerà nella spedizione che, da civile, intende intraprendere per ritrovare l’aquila e restituire così l’onore al padre. Devono oltrepassare il Vallo di Adriano ed entrare nelle terre selvagge, “oltre la fine del mondo”.

Inizia un viaggio nelle Highlands scozzesi, con suggestivi paesaggi e nativi ben fotografati, esseri selvatici che vivono nel fango, nel freddo, nel vento. I costumi sono curati e realistici, le ambientazioni spettacolari, i guerrieri abbastanza feroci e intriganti, con la cresta da mohicano e un make-up a base di fango secco. Avventura, violenza, tradimento, colpi di scena, tutto scorre con frequenti giri di vite della sceneggiatura, che non va tento per il sottile quando le storie si complicano, e risolve con un paio di botte e via. E tutto è rigorosamente, felicemente al maschile. I personaggi femminili sono rappresentati da rade e trascurabili comparse senza diritto di parola.

Perché The Eagle ha questa caratteristiche, che si può definire dominante: è un film dichiaratamente gay. E’ la storia di una coppia omosessuale maschile platonica, sulla falsariga di altre coppie dello stesso genere, inventate soprattutto dai fumetti, come Batman e Robin, Tex e Kit Carson, Zagor e Chico. Marco e il “suo” schiavo Esca si scambiano lunghi sguardi desideranti, dove la seduzione che viaggia negli occhi e nel respiro è palese. Certe recensioni si sono chieste perché Marco salva Esca dal gladiatore che sta per ucciderlo, definendo questa scelta registica “incomprensibile”. Invece Marco, il conquistatore, se lo mangia con gli occhi, così magro, nervoso, altero nella sua veste di sconfitto, di perdente. Esca lo assiste durante la riabilitazione, il regista lo fa distendere sul suo corpo per tenerlo fermo mentre il cerusico opera, e questi sono, forse, gli unici momenti di vero contatto fisico tra i due. Marco se ne innamora perdutamente, ricambiato, e quando durante l’avventura crederà di essere stato tradito, soffrirà le pene dell’inferno, perché, come gli dirà mentre si avviano verso il finale, “credevo di averti perduto.”

Frequenti le implicazioni affettive-edipiche e i simboli fallici, rappresentati soprattutto dalle inquadrature delle armi e... quello che segue non è uno spoiler del finale, perché trattandosi di un film americano di genere, sappiamo con certezza che Marco troverà l’aquila; quando la recupera, e la stringe tra le mani, la sua ricerca ossessiva del padre, del suo onore, del suo coraggio (è tormentato dal sospetto che si sia comportato da vigliacco) è finita. Così inizia a lavorare un palo di legno, lo appuntisce, con dovizia di particolari, e lo innesta nella cavità inferiore del totem. Lo solleva trionfante, mostrando al mondo che la sodomizzazione del padre è finalmente compiuta.

Onore, coraggio, forza maschia, vincenti e perdenti, viaggio, intensità visiva, idealizzazione del padre: se lo spettatore è preparato, cosciente del prodotto che sta per acquistare, e non pretende ciò che non gli può essere dato, The Eagle è un film che può farlo uscire dalla sala (o dal dvd) allegro, soddisfatto e appagato.

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