lunedì, marzo 19, 2012

La disfida degli onesti

Disonesto è colui “che compie azioni illecite o immorali per interesse” (dizionario Sabatini-Colletti); colui “che è privo di probità, onore, rettitudine” (Hoepli); colui “che spaccia una cosa per un’altra, quest’ultima generalmente ritenuta – da lui stesso o dal sentire comune – superiore da un punto di vista morale, economico, sociale, alla prima” (Baldrus).

Sono onesti i registi di film d’evasione che accettano il loro ruolo, gli scrittori di romanzi di genere che non cercano di vendere se stessi come autori “elevati” (considerati tale dal sentire comune) ma si propongono per quello che sono. Cioè non spacciano una cosa per un’altra, per non finire negli scaffali dei “gialli”, o della “fantascienza”, ma in quelli centrali e ben visibili delle “novità”. Per capirci, Jean Patrick Manchette di solito è nella nicchia  dei “gialli” o “thriller”, mentre Silvia Avallone la troviamo negli scaffali all’ingresso degli scrittori-scrittori.
Per questo ho sempre rispettato Giorgio Faletti perché in una intervista televisiva si definì “autore commerciale”. Mi sembrò onesto. Sono commerciale, scrivo per vendere, per avere successo. Non si atteggiava a Dostoevskj, a trasmettitore dei segni dell’arte, come avrebbe detto Deleuze. Questa era esattamente l’idea che avevo di lui dopo avere letto Io uccido, un libro sovradimensionato per fare volume, come vuole il mercato, con circa metà foliazione superflua, dialoghi preconfezionati, una storia d’amore posticcia, interminabile. Un’operazione commerciale dichiarata apertamente, con onestà. Io scrivo Io uccido per vendere decine, centinaia di migliaia di copie, non per entrare nella storia della letteratura.

Ma ultimamente deve avere cambiato idea, causa una battuta di Pietro Citati. In un articolo del 9 marzo l’anziano critico romano ha scritto, sul Corriere della sera: “credo che i lettori italiani siano peggiorati negli ultimi trenta- quarant’anni (...) Erano lettori avventurosi e impavidi, che non temevano difficoltà di contenuto e di stile, fantasie, enigmi, allusioni, culture complicate e remote. In quegli anni libri bellissimi ebbero un successo che oggi non si potrebbe ripetere. (...) Oggi la lettura tende a diventare una specie di orgia, dove ciò che conta è la volgarità dell’immaginazione, la banalità della trama e la mediocrità dello stile. Credo che sia molto meglio non leggere affatto, piuttosto che leggere Dan Brown, Giorgio Faletti e Paulo Coelho. Intanto, continua la scomparsa dei classici. Gli italiani non hanno mai letto Dickens e Balzac. Oggi, anche Kafka (che nel l970-80 era amatissimo) va a raggiungere Tolstoj e Borges nel vasto pozzo del dimenticatoio.”

Citati è un uomo che proviene direttamente dal secolo scorso, come se avesse viaggiato in una macchina del tempo. La sua concezione di scrittore è il “grande” scrittore, l’interprete di una “grande” arte universale, vissuta come sofferenza, come dramma, come estrema partecipazione. Lo scrittore che incarna la storia dell’uomo, e la cambia addirittura. Per questo viene attaccato, talvolta deriso, e non sempre a torto perché sembra un veicolo di stereotipi, come se il tempo fosse fermo. Però qui Citati ha ragione. C’è sicuramente una involuzione dei lettori. Se molti libri mediocri diventano dei best seller la colpa non è solo degli editori che li pompano, ma anche dei lettori, che sono subalterni al mercato e alla pubblicità. Lettori che non fanno ricerca, che vivono di rendita, che leggono quello che vogliono gli altri, che si adeguano, che sono omologati. Poi è arbitraria l’affermazione che è meglio non leggere affatto che leggere Faletti o Dan Brown o Coelho. C’è invece chi sostiene il contrario, meglio loro che niente.

Personalmente non mi coinvolge granché questo dibattito, non mi pongo il problema di una didattica letteraria di massa. La letteratura è in ostaggio al mercato, ai potentati editoriali, con la complicità dei lettori. Non esiste un meglio o un peggio a mio avviso. Esisterebbe un diverso modello di letteratura, come un diverso modello sociale di sviluppo, un modello di arte socialista orizzontale, sganciato dallo star-system, dalla pubblicità, dal culto del nome, del marchio, ma non sembra cosa di quest’epoca.

In ogni caso Faletti è andato su tutte le furie. Nello studio televisivo della giornalista-promoter Daria Bignardi ha detto di avere appena appreso dell’esistenza di Pietro Citati. Segno di disprezzo, ovviamente, anche se è verosimile, perché uno scrittore commerciale non è tenuto a conoscere il dibattito letterario del secolo scorso. Ma Faletti prosegue facendo un paragone “alto”: “Rispondo con un bisillabo: Totò. Anche Totò fu massacrato, disintegrato dalla critica, mentre oggi è considerato un genio”. E poi a “Scott, Dumas e Mark Twain, distrutti dalla critica del loro tempo”. Insomma, un autore commerciale felice di esserlo, un commerciale onesto,  avrebbe alzato le spalle, non avrebbe invocato l’ottusità della critica che non sa riconoscere i geni.

Ma quali geni? Quelli del secolo scorso, di Citati?
I geni come lui?
Ma non era uno scrittore commerciale?





(Nelle foto: Giorgio Faletti e Pietro Citati)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Penso che sia sempre piu' difficile leggere: ci sono sempre meno bei libri da leggere.
Tanti sono gli scrittori che, come Falett, sono solo commerciali, non dicono nulla e a volte non sanno neppure scrivere in un buon italiano, quindi da sconsigliare...
Faletti non mi e' mai piaciuto, neppure quando cantava, Signor tenente...mi e' sempre parso falso e anche un p' supponente, come in questa foto.
Di Citati ho letto ed apprezzato delle critiche letterarie; mi sembrano due pianeti lontani. Questo non vuole dire che il secondo sia onesto. Non lo so, non mi sono mai posta il problema, TROVO INTERESSANTE LEGGERE CERTE SUE COSE RIFERITE A lEOPARDI, PER ESEMPIO
Vorrei poter leggere ancora come tempo fa dei bei libri, di quelli che non vedi l'ora di finire per poterli rileggere e gustarli ancora trovandoci dentro altre immagini, altri colori che prima ti erano sfuggiti, di quelli che ti ci ritrovi dentro o che ti illuminano per la diversita' assoluta da te.
Non ci sono piu'; anche quando un titolo ti affascina,poi c'e' qualcosa che ti delude, una storia banale, un anello mancante, una scrittura sciatta o troppo pesante e ricca di orpelli.

Ma poi questa e' la vita; c'e' sempre qualcosa che ti delude, anche là dove eri certa che nulla lo avrebbe fatto.
Un sorriso
p.

Baldrus MC ha detto...

Condivido la tua difficoltà, cara p. In parte dipende anche da una sovraproduzione e dal dominio incostratato nelle librerie dei prodotti mainstream che sottraggono gli spazi a chi farebbe, e talvolta fa, ricerca. Per cui diventa difficile orientarsi in un ambiente assordante fatto di "strilli" sul tale capolavoro imperdibile che poi si rivela una ciofeca. Questa situazione non solo toglie spazi, ma anche qualità. Infatti la ricerca per andare avanti ha bisogno di risposta, di sostegno, invece manca proprio l'ossigeno. E per "ricerca" non intendo solo romanzi sperimentali o d'avanguardia, ma anche storie appassionanti pop, scritte con sentimento, con pazienza, con amore, con generosità.

Paolo1984 ha detto...

Basandomi sulle sue ultime interviste, ho l'impressione che Faletti col penultimo romanzo Appunti di un venditore di donne (che ho letto e non mi è dispiaciuto anche se on lo considero certo un capolavoro noir, tieni conto che io sono di bocca buona) e ancora di più con l'ultimo Tre atti e due tempi (che non ho letto) abbia voluto scrivere qualcosa di diverso dai suoi romanzi precedenti (e non solo perchè gli ultimi due sono ambientati in Italia)..di più "ambizioso" (che poi ci sia riuscito non saprei, io dei suoi romanzi "americani" ho letto solo Niente di vero tranne gli occhi e Fuori da un evidente destino e non mi hanno fatto schifo ma ti ripeto, sono di bocca buona). Insomma lui forse ritiene di essere cambiato come scrittore e vedere non riconosciuto il cambiamento forse lo irrita un po'.
Comunque concordo, uno scrittore fieramente popolare e fiero del suo successo commerciale non avrebbe reagito con tanta stizza davanti alle sparate trombonesche (io le vedo così) di Citati.
Il mio adorato Stephen King (scrittore incomparabilmente migliore di Faletti) non mi risulta si sia mai lamentato dell'aperto disprezzo con cui Harold Bloom lo considera, anzi quando gli chiesero se la cosa gli dispiacesse, diplomaticamente ha risposto: «Ne sono molto dispiaciuto, perché Bloom è un grande critico. Ma è anche un uomo con i suoi gusti e i suoi limiti: spero che un giorno cambi idea».
Che classe!

Baldrus MC ha detto...

Paolo, grazie delle informazioni sulle altre opere di Faletti. Non mi stupisce il fatto che sia per così dire "migliorato" (che poi per uno che fu definito "il più grande scrittore italiano" da D'Orrico questo aggettivo fa un po' sorridere), e non stento a crederlo. Ci ho messo anni per riprendermi dalla botta di Io uccido, e dietro le insistenze di un'amica ho letto il primo racconto di "Pochi inutili nascondigli", che ho trovato buono e, per restare in tema, onesto. Un onesto racconto di genere, ben scritto, con un buon ritmo. Dunque perché paragonarsi ai "grandi" scrittori citatiani?

In quanto a Stephen King... beh, qui siamo in viaggio nell'iperspazio.

Paolo1984 ha detto...

il problema del ragionamento di Citati, secondo me, oltre alla storia del "meglio non leggere che leggere questo o quel best seller" che ovviamente non mi trova minimamente d'accordo, è che a parer mio un critico letterario avrebbe il dovere di indicare quali opere secondo lui sono degne di lettura più che sconsigliare alla gente di leggere autori "indegni" (che comunque verranno letti ugualmente alla faccia sua)..e non posso credere che non ci siano scrittori meritevoli nel panorama contemporaneo! Nel suo intervento ho visto solo una visione ultrapessimista che trovo eccessiva

Baldrus MC ha detto...

Ho conosciuto personalmente Citati, ebbi con lui una corrispondenza su lettere di carta per un paio d'anni, lo andai a trovare in una enorme casa in Maremma dove passava l'estate, i suoi scrittori sono Jane Austen, Kafka, Goethe, Tolstoj, quello è il suo tempo, nulla da dire, però sembra ripetere all'infinito un copione, talvolta un tanto al chilo, come per esempio ha "sgamato" Fabrizio Tonello su Nazione Indiana, qui:

http://www.nazioneindiana.com/2011/08/24/carta-strampalata-n-41/