Quel bollettino governativo diretto da un giannizzero di AN che si autodefinisce "TG2 RAI", nell’edizione delle 13, in coda alla lista di stragi, morti in incidenti stradali (scovati anche all’estero, in capo al mondo, purché vi sia sangue), dichiarazioni rassicuranti dei politici della maggioranza, e altre amenità, produce la rubrica Costume e società, che dovrebbe essere un rotocalco di argomenti leggeri, gossip soprattutto; in realtà è una rubrica malconfezionata, zeppa di banalità; è più sgargiante Verissimo di Canale 5, almeno è gossip vero, cavolate degne di questo nome; comunque ieri, col solito tono pimpante, hanno realizzato un servizio "clamoroso" su un comico "che dice le cose senza guardare in faccia nessuno". Questo comico era Gene Gnocchi, un personaggio sicuramente interessante, con delle boutades divertenti, spesso caustiche, anche se, poverone, deve per forza mediare: o se lavora o nun se lavora, e quindi bisogna contenersi, o si finisce nella lista nera. Lo speaker, col consueto stile enfatico, ha detto che i comici come lui, cioè che "non guardano in faccia nessuno", sono "rimasti in pochi". Mi ha colpito questa affermazione. Se sono rimasti in pochi è proprio colpa loro, dei meschini, idioti censori, dei leccapiedi del potere che compilano le liste nere, e cacciano via i comici scomodi. E comunque è un’affermazione falsa, i comici che non guardano in faccia nessuno esistono, semplicemente non passano per i loro video ruffiani. C’è una bella differenza tra una realtà reale e una realtà inventata.
E il povero Lapo Elkan, che si è strafatto di droga fino a entrare in coma: oggi i vari tirapiedi del potere si sperticano in lodi, auguri, tiritere strappalacrime: "forza Lapo" "tieni duro Lapo"; loro, i proibizionisti feroci, che vogliono mandare in comunità un ragazzo beccato con un grammo di fumo, si commuovono per i vip, per Lapo, per l’attore famoso; i quali la galera neanche la vedono, entrano subito in clinica, perché i vip non stanno mai bene, devono sempre curarsi, vedi il povero Callisto Tanzi poverone, che appena varca il cancello della galera si sente male, e lo trasferiscono in infermeria.
Comunque è singolare assistere allo spettacolo di queste dinastie malate, o maledette, che hanno ispirato tanti film, tanti libri: qui il capostipite, il mito assoluta per l’Italia, era l’avvocato, che Paolo Volponi in un famoso romanzo chiamava "Donna Fulgenzia": ce lo descrive come una persona assolutamente cinica, gelida, capricciosa, che usava le persone come oggetti, che ci giocava; un falco, un predatore feroce e raffinato che ha avuto un figlio suicida, schiacciato psicologicamente dalla figura paterna, dalla sua insaziabile sete di potenza; che da vecchio, quasi in punto di morte, ha ammesso che come padre ha fallito totalmente; e intanto la maledizione continua, e sfiora anche gli ultimi discendenti con la sua ala nera.
1 commento:
go baldrus, mi sembri guarito, sono happy! Certo che il poverone lapo ci dava dentro eh?
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