lunedì, dicembre 11, 2006
Delitti e castighi
Dunque è morto il tiranno fascista Pinochet. Aveva 91 anni, era gravemente malato, gonfio, incapace di muoversi e di parlare. C’è chi ha festeggiato, chi ha manifestato, chi ha innalzato cartelli a favore del Libertador. Come accade sempre in questi casi ci sono stati disordini, scontri di piazza. Il giudice Garzon, l’unico che sia riuscito a incriminarlo, ma non a condannarlo, ha detto che non ha pagato per i suoi crimini.
E’ vero. E’ una verità triste, inquietante. La giunta Pinochet fu una delle più feroci del dopoguerra, e anche se recentemente i tiranni hanno metodi più scientifici per massacrare, come le bombe ai gas velenosi, fu spaventoso come questa cricca prese il potere con il sostegno palese dell’America, che finanziò, organizzò il golpe.
Non dimenticherò mai, finché avrò un briciolo di memoria, un filmato girato clandestinamente nello stadio di Santiago in cui il cantautore e poeta Victor Jara fu ucciso a calci dagli sgherri di Pinochet. Ancora oggi provo un senso di dolore estremo pensandoci. Il solo nome del tiranno mi evoca immagini di morte, di torture, e la foto della cricca dei generali, minacciosi, arroganti.
Pinochet non ha pagato per i suoi crimini. Se siamo atei, è difficile accettare questa verità immediata e materiale, che certi criminali vivono alla grande, rubano (è stato anche accusato di evasione fiscale), sfruttano, uccidono, e se ne vanno serviti e riveriti nelle loro ville. E tutto finisce lì. Da atei, viene una rabbia cosmica, fanno impressione – spaventano – le parole di Dostoevskij "se Dio non esiste, tutto è permesso".
Se siamo credenti ci consoliamo col fatto che, essendo la giustizia divina una giustizia giusta, il tiranno, come tutti i tiranni, arrostirà all'inferno, perché è chiaro e limpido il rapporto tra colpa e castigo.
Se non siamo né atei né credenti, perché non troviamo il coraggio di fare una scelta, i nostri pensieri sono alterni, ci consumiamo di rabbia per l’ingiustizia terrena e speriamo che in qualche modo, in qualche luogo lontano e misterioso, un briciolo di giustizia sia ancora possibile.
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9 commenti:
la foto dei tiranni fa paura ancora oggi
Run run se fue pa' l norte,
no sé cuando vendrà:
vendrà para el compleanos
de nuestra Soledad.
De una estacion del tiempo,
decidido a rodar,
run run se fue pa' l norte,
no sé quando vendrà.
E' morto un criminale.
Davvero?
Penso alle sue vittime e mi ritrovo a canticchiare questa ninna nanna di Violeta Parra.
ESTADIO CHILE
(ultima poesia di Victor Jara, composta nello stadio in cui fu poi ucciso e nascosta nella suola delle scarpe di un compagno che riuscì a portarla fuori)
Somos cinco mil
en esta pequeña parte de la ciudad.
Somos cinco mil
¿Cuántos seremos en total
en las ciudades y en todo el país?
Solo aqui
diez mil manos siembran
y hacen andar las fabricas.
¡Cuánta humanidad
con hambre, frio, pánico, dolor,
presión moral, terror y locura!
Seis de los nuestros se perdieron
en el espacio de las estrellas.
Un muerto, un golpeado como jamas creí
se podria golpear a un ser humano.
Los otros cuatro quisieron quitarse todos los temores
uno saltó al vacio,
otro golpeandose la cabeza contra el muro,
pero todos con la mirada fija de la muerte.
¡Qué espanto causa el rostro del fascismo!
Llevan a cabo sus planes con precisión artera
Sin importarles nada.
La sangre para ellos son medallas.
La matanza es acto de heroismo
¿Es este el mundo que creaste, dios mio ?
¿Para esto tus siete dias de asombro y trabajo?
en estas cuatro murallas solo existe un numero
que no progresa,
que lentamente querrá más muerte.
Pero de pronto me golpea la conciencia
y veo esta marea sin latido,
pero con el pulso de las máquinas
y los militares mostrando su rostro de matrona
llena de dulzura.
¿Y Mexico, Cuba y el mundo?
¡Que griten esta ignominia!
Somos diez mil manos menos
que no producen.
¿Cuántos somos en toda la Patria?
La sangre del companero Presidente
golpea más fuerte que bombas y metrallas
Asi golpeará nuestro puño nuevamente
¡Canto que mal me sales
Cuando tengo que cantar espanto!
Espanto como el que vivo
como el que muero, espanto.
De verme entre tanto y tantos
momentos del infinito
en que el silencio y el grito
son las metas de este canto.
Lo que veo nunca vi,
lo que he sentido y que siento
hara brotar el momento...
(Victor Jara, Estadio Chile, Septiembre 1973)
Grazie, ragazzi, per i testi. Stavo proprio pensando, in questi giorni, di reperirne alcuni.
Spy: ne esiste un'altra, di foto, dove anche i gerarchi hanno gli occhiali scuri, un'immagine davvero spaventosa. Ma non sono riuscito a trovarla.
Però una traduzione non guasterebbe. Non tutti sanno leggere lo spagnolo, anche se un poco si capisce. Specialmente quello di Victor Jara, che è il più lungo.
Siamo cinquemila
in questa piccola parte della città.
Siamo cinquemila
quanti saremo in totale
nelle città e in tutto il paese?
Solo qui
diecimila mani che seminano
e fanno funzionare le fabbriche.
Quanta umanità
in preda a fame, freddo, panico, dolore,
pressione morale, terrore, follia!
Sei dei nostri si persero
nello spazio delle stelle.
Uno morto, uno colpito come non avevo mai creduto
si potesse colpire un essere umano.
Gli altri quattro vollero liberarsi di ogni timore
uno saltò nel vuoto,
uno si sbattè la testa contro il muro,
ma tutti con lo sguardo fisso nella morte.
Che spavento causa il volto del fascismo!
Portano a termine i loro piani con precisione professionale
senza che gli importi di nulla.
Il sangue per loro è una medaglia,
la strage un atto di eroismo.
È questo il mondo che creasti, Dio mio?
Per questo i tuoi sette giorni di meraviglia e di lavoro?
Tra queste quattro mura c’è soltanto un numero
che non aumenta,
che lentamente vorrà ancor più la morte
Ma all’improvviso mi colpisce la coscienza
e vedo questa marea immobile,
ma con il pulsare delle macchine
e i militari che mostrano le loro facce da matrona
piena di dolcezza.
E il Messico, e Cuba, e il mondo?
Che gridino quest’ignominia!
Siamo diecimila mani in meno
che non producono.
Quanti siamo in tutta la patria?
Il sangue del compagno presidente
colpisce più forte delle bombe e delle mitraglie
e così colpirà il nostro pugno nuovamente
Canto, che cattivo sapore hai
Quando devo cantare la paura!
Paura come quella che vivo,
Come quella che muoio, paura.
Di vedermi fra tanti e tanti
momenti di infinito
in cui il silenzio e il grido
sono i fini di questo canto.
Quello che vedo non l'ho mai visto.
Ciò che ho sentito e che sento
Farà sbocciare il momento.
grazie sergio
Run run se n'è andato al nord,
non so quando verrà:
verrà per il compleanno
della nostra Soledad.
Da una stazione del tempo,
deciso a girovagare,
run run se n'è andato al nord,
non so quando verrà.
VIOLETA PARRA
grazie anche a lorpat
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