domenica, febbraio 13, 2005

recensione

Sei una nullità? Sii almeno favolosa!


“Se sei favoloso, lo sai istintivamente. Se non lo sei, non lo sai”. Chi, se non Reality Nirvana Tuttle, la più fabulous nobody della sfavillante New York anni Ottanta, può permettersi queste parole? Di lei tutto è “favoloso”, tutto è IN: il suo guardaroba, composto da vestiti viventi, ciascuno con un nome, Gina, Dolores, Carmen; lo sono i suoi pensieri, i suoi ideali: “la gente ha bisogno di credere in qualcosa. Se non credessimo nella moda, dove saremmo?”; lo sono i suoi amici, tutte nullità come lei, figure colorate e un po’ smarrite che vagano nel brulicante underground del superfluo, sperando, sognando di diventare finalmente qualcuno.
Torna in libreria, dopo 15 anni, pubblicato da Baldini Castoldi Dalai, questo cult sui “favolosi” anni Ottanta scritto dall’australiana Lee Tulloch, che all’epoca era editor di Vogue e di Harper’s Bazaar. Pubblicato nel 1989 (in Italia nel 1990 da Mondadori) passò praticamente inosservato presso il grande pubblico, forse perché scritto dall’interno, quasi in tempo reale, a decennio non ancora concluso. Oggi, col necessario distacco, possiamo goderci questa favola apparentemente effimera, esilarante, tenera, spietata, sull’ultimo decennio veramente epico della nostra storia recente. Galleggeremo piacevolmente nel Vuoto Assoluto, altalenando tra IN e Out, tra una moda “neo volgare” e il “Look Reality”, tra gite mirabolanti per negozi di abbigliamento e incursioni nei locali bohémiens. Eppure, sotto questo smalto duro di pura apparenza e di superfluo esasperato, sentiamo scorrere vita e sentimenti, sapientemente mimetizzati nel caos delle mode che, nella metropoli più “favolosa” del mondo, durano quanto un battito di ciglia. E Reality Nirvana, che “non ha mai saputo resistere a un tipo che veste Jean Paul Gaultier”, a un certo punto comincerà a chiedersi se è possibile innamorarsi di un ragazzo e non solo del suo vestito.

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