lunedì, aprile 18, 2005

Sull’arte, sul romanzo, sulla poesia

In quel bellissimo libro che è Leggere Lolita a Teheran (di cui spero di parlare presto su questo sito) l’autrice riporta dei passi, commenta libri, fa delle considerazioni sull’arte, sulla letteratura, e li confronta con la triste, cupa situazione in cui ha vissuto nella Repubblica islamica dell’Iran. Quello che segue - uno dei passi preferiti di Francis Scott Fitzgerald - è una riflessione sull’artista di Conrad:

“l’artista fa appello alla nostra capacità di gioia e meraviglia, al senso di mistero che circonda le nostre vite; al nostro senso della pietà e della bellezza e del dolore... e al sottile ma invincibile convincimento della solidarietà che unisce la solitudine di innumerevoli cuori, alla solidarietà nei sogni, nella gioia, nel dolore, nelle aspirazioni, nelle illusioni, nella speranza, nella paura, che lega gli uomini l’uno all’altro, legga insieme tutta la razza umana – ai morti ai vivi e i vivi ai non ancora nati”.

Una pagina più in là ecco un pezzo di lezione che l’autrice – professoressa di letteratura all’Università di Teheran non ancora totalmente devastata dal fanatismo religioso – tiene sul romanzo:

“un romanzo non è un’allegoria. E’ l’esperienza sensoriale di un altro mondo. Se non entrate in quel mondo, se non trattenete il respiro insieme ai personaggi, se non vi lasciate coinvolgere nel loro destino, non arriverete mai a identificarvi con loro, non arriverete mai al cuore del libro. E’ così che si legge un romanzo: come se fosse qualcosa da inalare, da tenere nei polmoni. Dunque, cominciate a respirare. Ricordate solo questo.”

E infine un’amara riflessione sulla poesia, sulla sua perdita, molto attuale:

“continuavo a domandarmi: quando l’abbiamo perduta, questa capacità di dare estro e luce alla vita con la poesia? In quale preciso momento è andata smarrita? Ciò che avevamo adesso, quella retorica melensa, quelle iperboli putride e ingannevoli, era come un’acqua di colonia da quattro soldi”.

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