domenica, maggio 27, 2012

L'Azienda

Questo corsivo di Alessandro Robecchi, uscito oggi sul manifesto, è quanto di più esilarante/sinistro abbia letto negli ultimi tempi. Purissimo humor macabro.


Dopo le note vicende che hanno scosso la credibilità dell’azienda, il Vaticano rinvia la quotazione in Borsa. Doveva presentarsi al Nasdaq come il più grande social network del mondo – centinaia di milioni di utenti collegati tra loro da un capo infallibile – ma il momento non è propizio. In particolare la diffusione di segreti aziendali, gli scontri tra personaggi molto in vista nella gerarchia dell’azienda, il licenziamento del banchiere di riferimento, hanno rallentato la quotazione. In più. La curiosità dei media si è fatta morbosa e qualcuno ha notato – come per il fondatore di Facebook Zuckerberg – che neanche il papa mette la cravatta nelle occasioni ufficiali. Ma quel che più turba gli utenti in tutto il mondo è il crollo di immagine del consiglio di amministrazione. Ha fatto scalpore, infatti, la recente dichiarazione del card. Bagnasco. I vescovi, ha detto il direttore della filiale italiana, non sono obbligati a denunciare i preti pedofili. Cosa che ha mandato su tutte le furie i social network concorrenti.
Se li vediamo sulle nostre pagine noi li denunciamo, ha detto Facebook. Noi denunciamo persino i dissidenti cinesi, ha rilanciato Google. Poi, la pubblicazione di piantine, plastici e schemini con gli appartamenti papali ha svelato anche il lato meno glamour dell’azienda. Se le grandi imprese tecnologiche americane si fanno un vanto di far divertire i loro dipendenti perché questo aumenta la produttività – ping pong, monopattini, tornei di Risiko – in Vaticano è tutto un pregare, un raccogliersi in meditazione, un intonare nenie noiosissime. In queste condizioni l’eventualità che qualche dipendente di ribelli è inevitabile. Ma dalla sede centrale, un lussuoso palazzo nel centro di Roma, filtrano le prime contromosse. Una grande manifestazione a Milano in difesa della famiglia tradizionale, per esempio, perché i divieti su come la gente gestisce la propria vita, la propria morte, maternità, paternità e sessualità rimane il core business dell’azienda. L’unico social network – fanno notare in Vaticano – che vende da duemila anni un prodotto di cui non è nemmeno certa l’esistenza.

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