giovedì, maggio 03, 2012

Storia di un comacchiese

Poiché ogni tanto sento l’esigenza di tornare ai noir, ai thriller, per una sorta di bisogno di disintossicazione da letture più generaliste, ho comprato il libro di un mio quasi compaesano, il comacchiese trentassettenne Marcello Simoni. Devo dire che è stato proprio questo particolare a incuriosirmi. Comacchio è una cittadina unica, straordinaria, e lo era soprattutto negli anni passati, quando sembrava una Napoli in miniatura innestata in una Venezia altrettanto in miniatura: canali di acqua salmastra, vecchie case coi muri di pietra, vicoli strettissimi e puzzolenti, ponti, gente “tosta” che parlava (e ancora parla) un dialetto stranissimo, duro, incomprensibile, il mito di un’ex colonia penale, incrocio di pirati, zingari, clandestini, pescatori, briganti, prostitute.
Il mio paese, Alfonsine, è quasi adiacente a Comacchio, e noi ragazzi quando sconfinavamo da loro lo facevamo sempre in gruppo, perché c’era il timore - senza dubbio di tipo letterario - di essere aggrediti da un paio di “brillantina” armati di navaja, il temibile coltello spagnolo e serramanico dalla lunga lama affilata. Oggi Comacchio è stato in gran parte restaurato, le pietre a vista ripulite, i canali bonificati, direi che è una interessante cittadina turistica, imperdibile nel contesto di un giro nel grande bacino riviera ferrarese/delta del Po. Quindi Marcello Simoni, che lavora proprio a Comacchio come bibliotecario, ha esercitato su di me una intrigante attrazione.

Invece mi ha a lungo trattenuto un senso di rigetto per il titolo, orrendo, ruffiano: “Il mercante di libri maledetti”, sparato coi soliti caratteri cubitali, nella speranza che riesca a “bucare” lo smalto di pigrizia e indifferenza del lettore medio, che ormai bisognerà prendere a schiaffi, sequestrarlo, legarlo, per riuscire a scuoterlo dal suo torpore (questo evidentemente nella concezione degli editori). La solita titolazione all’italiana, una delle più becere del mondo, chissà perché poi. Come dimenticare Riff Raff di Ken Loach, ri-titolato col demenziale Meglio perderli che trovarli? Infatti anche questo di Simoni è stato prima pubblicato in Spagna col titolo El secreto del los cuattro angeles. Anche la confezione mi imbarazzava: tutti quegli “strilli” enfatici, “Certe porte dovrebbero rimanere chiuse”, “un grande thriller” seguiti da “enigmatico come Il nome della Rosa, un esordio che rimarrà nella storia”. Tutta la copertina e la quarta sono istoriate da queste scritte giganti, che mi mettono a disagio quando lo tiro fuori in autobus. Lo faccio di nascosto, lo copro con una mano, ma è impossibile mimetizzarlo. Una volta i libri in hard-cover avevano il cartonato neutro sotto la sopracopertina coi risvolti, ma ora è tutto scritto, sopra e sotto. Per cui ho pensato di ricoprirlo con carta bianca o colorata, come i libri di scuola. Che posso farci, la mia formazione letteraria è fatta di confezioni sobrie, le copertine Einaudi col titolo e una piccola immagine, o nessuna immagine, perché quello che contava era il contenuto.

Il romanzo sembra buono, per chi ama il genere: un monastero del ‘200, monaci misteriosi, intrighi, società segrete, un libro antico da trovare, eresia, follia religiosa, e così via secondo canoni ben collaudati, condotto con mano sicura, scritto come si deve con parole e riferimenti storici corretti. Forse accadranno fattacci di sangue, come sperabile, oscurità, veleni, crudeltà, insomma, speriamo che sia avvincente, che non risparmi le sorprese, e che compaia anche qualche personaggio femminile, perché per ora si presentano unicamente omacci monacali scuri e trucidi.

Un po’ di noia l’ho messa in conto, ma è inevitabile, oserei dire persino necessaria in piccole dosi per questi prodotti di genere, perché fa gustare meglio il colpo di scena, ma insomma, quello che gli chiedo è qualche ora di divertimento e di sana evasione.

Se me la concederà, sarò grato al comacchiese.

[In apertura una veduta di Comacchio]

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