Si avverte il calcolo di compiacere il lettore, di soddisfare le sue voglie di avventura e di mistero, ma manca lo scatto, il coraggio forse. Il finale poi è minimale, il libro “maledetto” finalmente ritrovato viene liquidato in poche righe, perdendo l’occasione di qualche trovata più o meno originale, di una verità nascosta, di un’apparenza svelata. Il senso è: “bisogna accontentarsi”.
E’ singolare questa invasione di romanzi pseudo-storici, soprattutto ambientati nel Medio Evo coi monasteri, gli omicidi, i personaggi femminili quasi del tutto assenti, o ridotti a comparse occasionali. Tutto nasce dal Nome della rosa, che quindi ha una responsabilità enorme per questa deriva, però mi chiedo perché: cosa spinge le persone a leggere e rileggere (perché come ha detto una volta Luigi Bernardi, i lettori cercano sempre il déjà vu, quello che già conoscono) sempre le stesse cose? Attrazione verso il male? Desiderio di fuga da questo nostro tempo misero e arido? Esorcizzare le proprie paure attraverso la loro rappresentazione? Ma soprattutto cosa muove me?
Credo di essere spinto dalla voglia di racconti di avventura, che viene dalle mie letture torrenziali di fumetti e libri di Salgari, Giulio Verne, la fantascienza. Però la scarsa qualità dei prodotti mi allontana, per qualche tempo; è come dopo una cena triste in un ristorante, portate smilze oppure stracotte, giuriamo a noi stessi di non tornarci più. Ma ecco che a cicli più o meno regolari per il goloso ricompare la tentazione, con conseguente, nuova delusione. Mi faccio abbindolare da quelle copertine rutilanti, colorate, imbarazzanti, strillate, da quelle rilegature promettenti (e dai prezzi bassi, incomprensibili viste le tendenze del mercato, per le hard cover), consapevole di ricadere nella solita deriva: la mano corre da sola sullo scaffale e prende. Così l’ultimo acquisto è un tomo storico di 800 pagine, La dinastia, di Andrea Frediani. E’ l’epopea dei cinque imperatori succeduti a Giulio Cesare, Ottaviano, Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone. Tutto all’insegna del vizio, della violenza, dell’intrigo, della maledizione. Promesse di meraviglie, di stupore, e di evasione. In fondo è questo che credo di cercare: l’evasione. Ma è possibile una “vera” letteratura d’evasione? Ho sempre in mente gli appunti di Gramsci sulla letteratura popolare, che ai suoi tempi era assente in Italia. E’ questa? Sono questi i feuilletton che l’Italia non riusciva a produrre?

Ma quando eccede?
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