lunedì, gennaio 29, 2007

La Prima Repubblica Marinara di Montagna di
Frigolandia

(nella foto: il Presidente e Fondatore Vincenzo Sparagna
con un gruppo di bambini durante una installazione a Spoleto
curata da alcuni artisti della Repubblica).
su vibrisse

lunedì, gennaio 22, 2007


Ci accontentiamo?

Bisogna prendere Casino Royale per quello che è: un film commerciale, un po’ cartoon e gioco playstation, con buoni effetti speciali, buona fotografia, buon ritmo, zeppo di primissimi piani degli attori-star, come vanno di moda oggi i pizzardoni hollywodiani; tuttavia è meno peggio di come molti, forse, si aspettano. Dopo le varie parodie di 007 che hanno rovinato irrimediabilmente il personaggio interpretato da Sean Connery, questo nuovo episodio è un action-movie con caratteristiche di spy-story (mi scuso per il tripudio di termini inglesi, ma come tradurre spy-story? Storia di spie?) di buona qualità, interpretato con discreta classe da un attore che lo rende serio, con qualche sfumatura dark (e come tradurre dark?). Certo, la sceneggiatura ha dei buchi, delle sciatterie, e ogni tanto perdiamo il filo, o sorridiamo per le ingenuità; gli inseguimenti, ormai inflazionati, sfiorano la noia (però non si sbraca eccessivamente), e le marche, delle auto, dei telefonini, degli orologi (ma che orologio hai? chiedono a 007, un Rolex? E lui, no, un Omega) imperversano; però se l’accettiamo per quello che è, un prodotto di pura evasione, con tutte le componenti che ci divertono, azione, violenza, bellezza degli attori, abbastanza al punto giusto, in mancanza di meglio – e purtroppo siamo in tempi di cronica mancanza di meglio – possiamo trascorrere un paio d’ore tutto sommato non-sgradevoli, e quando usciamo dal film, se non abbiamo dormito, ci sentiamo persino moderatamente non-insoddisfatti.

sabato, gennaio 13, 2007


Apocalittico

Apocalypto, l’ultimo film del maniaco religioso-antisemita nonché genio del marketing Mel Gipson, rimane impresso anche il giorno dopo la visione, il che, coi tempi (cinematografici) che corrono, è un risultato più che notevole. Forse è per la violenza di cui è permeato (Mel Gibson ama la rappresentazione della violenza), forse per il sangue che scorre (Mel Gibson adora il sangue che sprizza dalle ferite), forse per il ritmo elevato, per l’alta qualità delle immagini, delle scenografia, per l’ottima sceneggiatura, per il fascino delle ricostruzioni storiche-scenografiche, per la contrapposizione bene-male, semplicità-orrore; forse è per la scelta di mantenere la lingua originale, lo Yucateco, l’antico idioma Maya tutt’ora utilizzato da molte comunità della penisola messicana, senza cedere alla dissennata mania tutta italiana di doppiare anche i colpi di tosse; forse per la grande bellezza degli attori, molti dei quali non professionisti; forse per tutte queste cose, unite a una verosimiglianza della città Maya, che è un girone infernale, un luogo di morte, di terrore, di disperazione (Mel Gibson, come fanatico religioso, stravede per lo spettacolo dell’inferno), il film non molla un istante lo spettatore, che resta incollato alla poltrona, e sobbalza ai colpi di scena, e si arrabbia, si indigna, si stupisce; e perdona anche il ricorso al puro mestiere, come nella lunga corsa dell’eroe fuggitivo, che ripropone copioni scritti e riscritti dell’eroe buono inseguito dagli assassini, dai mostri (Mel Gibson va in brodo di giuggiole se c’è da descrivere i mostri infernali): fattostà che è un film tostissimo, che può essere criticato, stroncato, che certamente non va visto da chi aborrisce le immagini violente, ma che farà uscire i cultori dei film d’avventura ben pasciuti e soddisfatti.

giovedì, gennaio 11, 2007


Bella scoperta

Sotto l’albero di Natale è arrivato, per mia figlia, un regalo (uno dei tanti). Si è rivelato una cintura, di una marca di gran moda (nel loro ambiente). Ovviamente era un regalo chiesto da tempo, la cintura era stata accuratamente selezionata tra decine di cinture di altre marche.
L’altro giorno guardavo la scatola, in particolare il logo. Ecco, mi ha evocato una certa situazione, diciamo erotica. Così ho detto, a mia figlia: "Ma… il logo della cintura, non ricorda…” e lei, interrompendomi: “se alludi a quella cosa, guarda che noi ragazzi lo sappiamo da vent’anni”.
Ecco, ed io credevo di avere fatto una scoperta, grazie alle mie doti visive…

venerdì, gennaio 05, 2007


"Che fia appiccato"

Non sono facili da dimenticare le immagini dell’impiccagione di Saddam Hussein. Molto si è scritto, articoli quasi sempre permeati di retorica e di polically correct a tutti i costi, quella retorica prevedibile e pedante che rende i giornali poco interessanti, ripetitivi, noiosi, e forse contribuisce a quel calo di vendite di cui si lamentano gli editori.
Certo, siamo contro la pena di morte perché in una società democratica eccetera eccetera; l’impiccagione è stata un’esibizione di pura barbarie e di nuovo eccetera. Sottoscrivo tutto, eppure emozioni contrastanti si alternavano in me mentre assistevo a quella scena ripetuta innumerevoli volte dalle televisioni.
L’uomo è entrato nella camera del patibolo, ha visto i due uomini con un cappuccio nero, i due boia, e ha lanciato una lunga occhiata alla forca, con la grossa corda che gli avrebbe spezzato il collo. Gli incappucciati si sono avvicinati e hanno a iniziato a parlargli animatamente. Oggi sappiamo che inneggiavano a Maometto e ai suoi nemici sciti. Io fissavo il volto del condannato, lo fissavo con un interesse che forse era curiosità morbosa. Sembrava assolutamente tranquillo. Non un filo di emozione passava nei suoi lineamenti. Aveva paura? Aveva la morte dentro? Mi spaventava la sua solitudine, la sua totale mancanza di risorse di fronte all’ineluttabilità della definitiva rovina. Provavo pietà, eppure pensavo che mentre lui rideva, nel pieno del suo potere, ripreso dalle televisioni di tutto il mondo, mentre sparava in aria di fronte a folle acclamanti, altri uomini e donne venivano massacrati, torturati e impiccati, soli coi loro aguzzini, per suo ordine. Stava pagando per i suoi crimini? Era quello che meritava? E l’uomo che stava per essere impiccato era ancora un criminale, un pluriomicida o un essere senza più risorse, inerme e indifeso che stava per essere trucidato?Non sapevo trovare risposte, e intanto continuavo a fissare le immagini, consapevole di essere immerso nel voyeurismo di cui si nutre la televisione; e pensavo che quell’uomo era uno granitico, uno tosto, che andava incontro alla morte con grande coraggio e dignità.


P.S. Altri due gerarchi del regime di Saddam sarebbero stati impiccati con le stesse modalità. Però per loro niente filmati, niente commenti, niente appelli. Solo la morte, quella vera – e non la retorica della morte, non lo spettacolo della stessa – è davvero uguale per tutti.