Questo racconto di Mauro Baldrati è compreso nell'antologia Il Magazzino delle alghe
Non che gl’importasse, in realtà. Aveva mal di testa, e una sete atroce. Aveva anche fame, ma questo non costituiva un problema. Era abituato ai lunghi periodi senza cibo, durante i viaggi sugli autobus indiani che duravano giorni, o sui treni stipati di persone e di animali. Il suo fisico lo testimoniava: magro, di una magrezza quasi anoressica, le guance scavate, gli zigomi sporgenti. Aveva passato giorni interi senza mangiare, e anche nei periodi “normali”, quando oziava nella sua casa di Goa, mangiava poco: un po’ di riso con pesce, e frutta. Ma la sete era orribile, impossibile sopportarla. Eppure doveva farcela, perché gli era assolutamente proibito introdurre qualcosa, qualsiasi cosa, solida o liquida, nello stomaco. Non poteva rischiare un conato di vomito, sarebbe stata la fine. Era già accaduto ad altri, era risaputo. I boli formavano una barriera compatta e impenetrabile, il liquido ristagnava nello stomaco finché l’organismo decideva di espellerlo, con tutto il resto. No, doveva resistere ancora qualche ora. Il vecchio charter della Ghana Airlines stava per atterrare, e una volta sbrigate le formalità doganali sarebbe andato alla stazione dei treni, dove, finalmente, avrebbe potuto liberarsi.