domenica, febbraio 27, 2005

superipocrisie italiane

Tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti tutti, ma proprio tutti col Santo Padre.

In questi giorni di secondo ricovero del Papa mi sembra di vivere in un incubo. Una retorica roboante, un unanimismo demente fuoriesce come un urlo di follia dagli schermi televisivi e riempie la metà circa della fogliazione dei quotidiani. Tutti dicono e scrivono le stesse cose, espandendo a dismisura le frasi, per cercare di fare durare più a lungo i servizi. E, ovviamente, ogni volta che si può, ci infilano un paio di politici che recitano la solita litania uguale per tutti: il Santo Padre è la nostra guida, gli auguriamo di guarire presto eccetera; una, due, venti, cento volte. Emblematico, e anche oltremodo ridicolo, un telegiornale Rai che si collega col portavoce Navarro Valls che fornisce un resoconto sulla salute del Papa; cambia scena e appare il serpeggiante Gianni Letta che dice le stesse cose, ma proprio identiche, di Navarro. Beh, però intanto lo abbiamo tirato dentro, và.
Perché sono tutti, i politici, i giornalisti, e la gente comune, che costituisce la zavorra, il carburante, tutti sono impegnati a pregare per il Papa, cercano di andare a trovarlo; tutti sgomitano per dire quanto sono preoccupati e al tempo stesso ottimisti. Perché sono tutti cattolici ovviamente, cattolici praticanti, ci mancherebbe, vanno a Messa tutte le domeniche, e si confessano pure, e fanno addirittura la comunione, perché sono degli strenui difensori delle radici cristiane dell’Europa e in questo momento difficile sono tutti stretti in un affettuoso abbraccio con Santa Madre Chiesa per sostenere il Santo Padre.
Però, adesso che ha avuto questo problema alla trachea, e non può parlare, forse è meglio. Perché ogni volta che parla, il Papa, sono imbarazzi. Gli rompe parecchio le scatole ai crociati dell’Europa cristiana..
Il Papa ha tuonato per mesi contro la guerra in Iraq. Una guerra sporca, illegale, che il nostro governo ha voluto a tutti i costi cavalcare per compiacere il Padrone che voleva compiacere l’amico padrone Bush. E i propagandisti di regime RAI a spiegare che in realtà non andavamo mica in guerra, andavamo a fare la pace. Cosa facevano costoro, cattolici osservanti al massimo, sempre inginocchiati nelle cattedrali, quando il capo supremo della Chiesa parlava fino allo sfinimento contro la guerra? Beh, aspettavano. Andavano alla toilette, sospiravano, guardavano l’orologio: ma quando la smette? Ma perché non si fa gli affari suoi? Perché non parla del mistero della Madonna?
E quando il Papa, parlando ai giornalisti, ha richiamato – proprio come Ciampi – il rispetto della verità, della correttezza, della tolleranza, cosa facevano i propagandisti di regime, cattolici praticantissimi, nemici giurati dell’eresia, guardiani armati delle radici cristiane dell’Europa? L’hanno ascoltato? Hanno smesso di raccontare frottole? Di manipolare continuamente le notizie? Di epurare i giornalisti scomodi, poco obbedienti? Il disastroso spettacolo dell’informazione italiana, forse rovinata per sempre, è già una risposta. Leggendario a questo proposito lo show della feroce conduttrice e giornalista televisiva Alda D’Eusanio. Nel suo programma (che grazie a Dio non va più in onda), un mix di voyeurismo estremo, pianti in diretta, gente di spalle che raccontava le proprie vergogne, perversioni e violenze varie, invitava spesso il cardinale Tonini, vecchissimo, magrissimo, lucidissimo, grande esperto di Scritture. Per forza, ogni giorno la conduttrice non perdeva occasione di strillare quanto è cattolica (“sono cat-tolica io, cattolica pratican-te!”), quanto crede nella Chiesa; chiamava il cardinale “Eminenza”, si prostrava davanti a lui, gli chiedeva consiglio, com’è giusto. Bene, un giorno il cardinale Tonini le ha detto sul muso che il suo programma era pura spazzatura. Era uno spettacolo Alda La Cattolica, uno spettacolo da incubo vedere come starnazzava per lo studio, come una gallina inseguita dalla volpe: “Eminenza! Lei è troppo rigido! Lei non capisce! Lei è un moralista!” (e come può un cardinale non essere un moralista?). L’Eminenza va bene finché non si allarga troppo e non rompe le scatole. Che parli del mistero della Madonna e la smetta di rompere insomma.
Così vanno le cose, sono sempre andate e così e così andranno, perché nulla cambia nel nostro paese, purtroppo. Mai...
Certo che tutti questi crociati devono essere degli atei perfetti. Obiettivo oltremodo difficile da raggiungere, perché anche l’ateo più impenitente ha sempre un dubbio da qualche parte. Il vero, perfetto ateo, non lo dice, lo è. Si comporta come tale, nel profondo del suo animo. Non ha paura di mentire, non ha sensi di colpa. E poi non si preoccupa per le sue natiche. Se ne frega, perché non crede nel Paradiso e nell’Inferno. Si fa quattro risate su queste superstizioni. Se invece questi crociati dell’Europa cristiana, questi praticanti della Messa, i politici con tre ville, due barche e cinque auto, i propagandisti del regime, i falsari, oggi così coinvolti nella sorte del Santo Padre, avessero un flebile dubbio nel brandello di anima in putrefazione che gli è rimasta, comincerebbero a pensare con apprensione ai loro sederi bianchi, perché se per qualche malaugurato caso avessero ragione i cattolici veri, quando arriverà il loro giorno dovranno offrirli a orde di diavolacci sghignazzanti che li useranno per conficcarci le punte acuminate e roventi dei loro tridenti e rivoltarli nelle braci ardenti, per l’eternità.

sabato, febbraio 26, 2005

dilemmi angosciosi


Ma per chi vota Walker Texas Ranger?

No, secondo voi è stato un elettore di Bush o di Kerry? Io non so trovare una risposta certa.

venerdì, febbraio 25, 2005

Risponde l’ayatollah

Sul suo sito, nella sezione Frequently Asked Questions l’ayatollah Al Sistani (www.sistani.org), massima autorità religiosa sciita e trionfatore delle recenti elezioni in Irak, parla di tutto, sesso, musica, scacchi e altro. Ecco una piccola antologia di consigli e divieti.
Visto su Diario della settimana a cura di Giacomo Papi.

E’ permesso giocare a scacchi?
Gli scacchi sono assolutamente proibiti.

Un musulmano può ascoltare musica?
E’ permesso ascoltare musica se non è fatta apposta per il divertimento e per la distrazione.

Il caviale dello storione è halal (conforme alla dieta islamica) o haram (non conforme)?
Se si sa che lo storione ha le squame (anche in origine, come sostengono alcuni) non c’è obiezione, e anche lo stesso pesce dovrebbe essere halal. Se invece non si sa se il pesce ha le squame, ma è venduto da musulmani che non considerano il pesce come non squamoso, anche in questo caso non c’è problema a mangiarselo.

E’ permesso parlare al telefono con la propria fidanzata?
Se il discorso è libero da parole provocanti e non c’è paura di cadere nel peccato, non c’è obiezione.

E’ permesso stringere la mano alle ragazze?
Non è permesso.

Cos’è il Mut’ha (matrimonio temporaneo) e come funziona?
Il matrimonio temporaneo è uguale a quello permanente. Dipende dal contratto matrimoniale, compresa l’accettazione e le dichiarazioni delle due parti in causa.

Posso fare il Mut’ha con un ragazza vergine se a suo padre non importa che lei abbia un ragazzo?
Qualsiasi relazione con una ragazza senza contratto legale è haram e non può essere permessa, mentre il Mut’ha è permesso in presenza del suo guardiano, cioè di suo padre o di suo nonno. Inoltre l’amicizia tra i due sessi non è permessa.

Se mi impossibile fare il Mut’ha, posso masturbarmi?
La masturbazione non è permessa in nessuna circostanza.

Allora se mia moglie vuole che mi masturbi davanti a lei non posso farlo?
Non sei autorizzato a farlo con la tua mano, ma tua moglie può farlo per te.

E’ permesso il rapporto anale?
Il permesso è legato al consenso della moglie, ma rimane una cosa fortemente indesiderabile.

Tra marito e moglie sono permessi giochi come toccarsi, baciarsi e succhiarsi?
Nessun problema se si è sicuri che questo non condurrà allo janabah (maggiori impurità rituali)

Tra marito e moglie il sesso orale è permesso?
E’ permesso se il liquido fuoriuscito non viene ingoiato.

Quale parte del corpo maschile di un straneo può guardare una donna? Sulle tv occidentali capita spesso che gli uomini mostrino i propri corpi nudi fino alla pancia.
E’ proibito alla donna guardare il corpo di un estraneo se viene fatto con lussuria o con la paura di cadere nel peccato. Ma non è permesso neppure farlo senza lussuria come misura precauzionale obbligatoria, se si fa eccezione per le parti del corpo che normalmente l’uomo non copre,per esempio testa, mani, caviglie, che la donna può guardare, sempre che lo faccia senza lussuria e senza paura di cadere nel pecato.

E’ permessa la chirurgia plastica nell’Islam?
E’ permessa.

domenica, febbraio 20, 2005

proposta decente

Chiudiamo immediatamente l’Ordine dei Giornalisti

La proposta non deriva tanto dai soliti, piccoli, irritanti privilegi tipici di tante corporazioni: privilegi previdenziali, la possibilità di circolare in auto anche nei giorni di blocco totale eccetera; no, queste sono sciocchezze; l’Ordine è da chiudere immediatamente perché è affollato da una miriade di personaggi che col giornalismo non hanno nulla a che fare. L’inquinamento, cioè, ha raggiunto un tale livello di gravità che l’esistenza di un’organizzazione come questa, con uno statuto che si richiama alla deontologia professionale, al rispetto della verità, è diventata un controsenso. E’ come se nell’Ordine dei Medici convivessero dei bravi chirurghi, degli ortopedici, degli scienziati, accanto a dei guaritori televisivi che usano le carte e la magia: il prof. Veronesi e Vanna Marchi, per capirci, insieme nella stessa famiglia.
Prendiamo gli insigni giornalisti televisivi: a parte le tre reti private, che sono organi di propaganda personale di un padrone, almeno due telegiornali RAI ogni giorno compiono un’opera sistematica di adattamento della realtà alle esigenze di chi detiene il potere. Dalla sua rubrica su La Repubblica Sebastiano Messina ha lanciato un appello ai lettori di telegiornale democratici perché si dimettono ogni volta che sono costretti a leggere notizie palesemente manipolate, cioè praticamente ogni giorno. Uno di loro ha risposto che, se ciò avvenisse, il grande Clemente Mimun gongolerebbe di una gioia inebriante perché potrebbe finalmente portare a compimento la sua opera di occupazione totale di tutti, ma proprio tutti gli spazi coi suoi fedelissimi. Ora, ha senso che nello stesso ordine, con le stesse regole, convivano questi propagandisti politici con una reporter come Giuliana Sgrena? Sono giornalisti questi agit-prop del regime?
Comunque va detto che da sempre il Potere ha occupato l’informazione, e da sempre i giornalisti si sono messi al servizio – con zelo, con vero istinto da servo, da sguattero – dei regimi. E’ sempre stato così e sempre sarà così, perché le cose non cambiano, purtroppo. Tuttavia nell’Ordine non vi è solo l’inquinamento dei propagandisti; questo è certamente l’aspetto più triste, più pericoloso, ma dove mettiamo i cosiddetti giornalisti mondani? Talvolta guardo il programma La vita in diretta, e mi prende la malinconia quando vedo il povero Michele Cucuzza, che era uno stimato lettore di telegiornale, ridotto com’è ridotto: insaccato in vestiti all’ultima moda, strangolato dai colletti delle camicie firmate, che tenta di blandire le star televisive con complimenti esagerati e sorrisi tirati su una faccia che non è predisposta al sorriso. Ma i personaggi più inquietanti – e sono davvero giornalisti iscritti all’Ordine? – sono gli inviati. Ciondolano dietro alla stellina di turno, la presentatrice di grido, l’attrice, inondandola di lusinghe, complimenti, facendo domande così ovvie che talvolta la starlette li guarda persino un po’ sorpresa? “Ti piace recitare?” Leggendario il “servizio” di uno di questi poveracci su Simona Ventura: la stellona scendeva una scala mentre l’inviato le razzolava dietro ripetendole di continuo quanto era bella, e brava, e intelligente, e spiritosa. E la Grande Dama della tivù non poteva fare altro che ripetere “grazie, oh, grazie”. Io provavo un pudore che mi costringeva ad abbassare lo sguardo, di fronte a un simile svilimento professionale e umano.
E’ probabile che l’Ordine, di cui tra l’altro continuo a fare parte, non so neanch’io perché, sia composto soprattutto da questi individui, e i veri giornalisti, i cronisti seri, coloro che vanno sul posto a fare ricerca, e rischiano, spinti dall’amore per la verità, siano ormai una minoranza.
Chiudiamolo quindi, chiudiamolo per sempre e non se ne parli più.

giovedì, febbraio 17, 2005

recensione

Il Sindaco Santo
e gli uomini bassi in soprabito giallo


Vi fu un tempo in cui gli uomini erano grandi. Anche se di opposte fazioni politiche pagavano di persona per le loro idee, andavano fino in fondo, applicavano alle loro azioni un’etica che talvolta strideva coi propri interessi personali. Quello era il tempo di Giorgio la Pira, e lui fu un di quegli uomini.
Oggi, nell’era degli “uomini bassi in soprabito giallo”, per dirla con Stephen King (Cuori in Atlantide), guardiamo a quei tempi epici con stupore e incredulità. Oggi gli uomini che contano, gli uomini che governano, pensano soprattutto ai loro affari personali, ai propri tornaconti, e per raggiungere i loro obiettivi mentono, imbrogliano, disinformano (ovviamente sempre in nome “degli interessi del Paese”, ci mancherebbe). Invece ci fu un tempo, che forse non tornerà mai più, in cui chi era chiamato a svolgere un compito si sacrificava, donava tutto se stesso e anche il proprio piccolo patrimonio, come Giorgio La Pira, il leggendario Sindaco di Firenze degli anni Cinquanta e Sessanta. Fu uno dei personaggi più controversi, e più grandi, del Novecento. Le sue azioni, le sue delibere di Sindaco, le sue scelte radicali, dettate unicamente dall’intento di fare uscire le massi popolari dalla miseria in cui versavano nel dopoguerra, perché “il Vangelo è dalla parte dei poveri e degli oppressi”, gli attirarono feroci censure proprio da parte dei suoi stessi amici di partito, la Democrazia Cristiana, e del giornale cittadino La Nazione, che vedevano nel suo operato e nelle sue iniziative provocatorie un attentato alla “normalità” e ai privilegi consolidati. Eccolo minacciare di requisire la Nuovo Pignone, che aveva annunciato migliaia di licenziamenti, e requisire la fonderia Cure, per lo stesso motivo, per poi consegnarla agli operai riuniti in cooperativa, attirandosi violente invettive e le immancabili accuse di essere un “amico dei comunisti”.
Questo libro, Il Sindaco santo, scritto da Riccardo Bigi, giornalista fiorentino e addetto stampa del Vescovo, per le edizioni San Paolo, ripercorre con dovizia di particolari e documenti, lettere, testimonianze, e un non dissimulato amore per questo grande mistico prestato alla politica, la vita e le opere di La Pira, i suoi ideali e le sue sofferenze. E la sua fede totale, senza compromessi, che lo portò a vivere quasi tutta la vita nella celletta di un monastero, e a devolvere ai poveri tutto il suo stipendio di deputato. Oggi, nell’era in cui i politici bassi in soprabito giallo pensano alle proprie ville, al pingue conto in banca, ai maneggi, ai portaborse, al businness, è terapeutico occuparsi di uomini come Giorgio La Pira.

martedì, febbraio 15, 2005

superkult

PIPAPE
(Pillole di Palombelli Pensiero)
(letto su banane.splinder.com., il sito di/non di Marco Travaglio; segnalato da sergiopasquandrea@yahoo.it)

La Fallaci. Confessa Barbara Palombelli che le piace tanto la Fallaci. “Penso proprio” scrive nella preziosa rubrica su Magazine “che il seggio di senatore a vita spettasse alla grandissima Oriana Fallaci”. Perché “Oriana non si discute”. Magari esagera un pochino quando vorrebbe sterminare tutti i musulmani (pardon, terroristi), ma il “suo furore è benvenuto nella noia del tutto-uguale che sta uccidendo i media. Milioni di lettori la pensano come me, peccato”. Purtroppo Ciampi non le ha dato ascolto e ha nominato quel pericoloso poeta di Mario Luzi.

E Mani Pulite. Non contenta delle estrovertite dichiarazioni filofallaciane, la consorte di Rutelli si produce in una seconda, liberatoria confessione sul colonne del magazine dl Corriere. Dice, l’insigne giornalista, di provare un forte “senso di colpa” per il “massacro” perpetrato dai giudici di Mani Pulite. Rispondendo a una lettrice che contesta il suo delirio la signora Palombelli rincara la dose: “Dovremmo capire e perdonare chi ha fatto parte di un sistema politico che ha garantito a questo Paese tanti anni di democrazia e di libertà. I 45 morti del biennio del terrore italiano (o della cosiddetta rivoluzione) pesano su molte coscienze.” Scrive proprio così: terrore. Senza virgolette né condizionale. Non le passa neanche per la testa che le indagini e gli arresti, previsti da leggi scritte dagli stessi politici che le violavano, fossero atti dovuti in un Paese dove l’azione penale è ancora obbligatoria e la legge è uguale per tutti. (Marco Travaglio)

domenica, febbraio 13, 2005

Editoriale

QUESTO SITO E LA LETTERATURA

Questo sito – questo Blog – ha come forza motrice, come sempre, la smisurata vanità che fa muovere tutti noi, perché non bisogna mai dimenticare quanto scriveva Ecclesiaste 2300 anni fa : “tutto è vanità in questo mondo”; oltre a questo, è uno spazio dedicato alla letteratura.
Bene. Ma cos’è la letteratura?
Non si tratta certo di aggiungere nuovi elementi critici a quanto già scritto da Sartre, Lukàcs, Gramsci e altri studiosi; diciamo che la letteratura – come aspetto dell’attività umana, come riflessione sulla vita, sull’interiorità, come racconto, come narrazione – comprende gli scritti creativi e lo studio degli stessi scritti: e talvolta persino lo studio dello studio degli scritti. Ma qui si vuole allargare, mondanizzare il concetto. Le attività umane sono tutte collegate, interagiscono, si confondono, si contraddicono tra loro. Il significato di letteratura può essere ampliato col significato di letterario: dunque è letteraria la musica? Chi ha una risposta certa si faccia avanti; comunque Jack Kerouac sognava di scrivere come Charlie Parker suonava il sax, e negli anni Ottanta, quando ancora si credeva nella sperimentazione, alcuni scrittori hanno indicato, nei loro libri, una colonna sonora da “agganciare” al testo; si possono creare immagini letterarie, oppure si può fotografare la letteratura? Giuseppe Pino affermava – ma forse si illudeva – che le sue foto erano letterarie, e sono esistiti scrittori le cui pagine hanno una tale chiaroveggenza visiva che non solo leggiamo, ma guardiamo il mondo, insieme all’autore; e l’Urbanistica? non è forse letteraria “l’arte di curare la città” come ha scritto l’architetto Cervellati, non abbiamo formidabili descrizioni di città nei romanzi, e ci sembra di passeggiare nei quartieri affollati di passanti, di ladri, di prostitute, mentre alle nostre orecchie arriva l’eco delle grida, delle risate, di porte che sbattono, e spari e latrati di cane?
Ma allora, obietterà qualcuno, “tutto è letteratura in questo mondo”; affermazione difficilmente contestabile e oltremodo plausibile (d’altro canto chi può contestare che “tutto è politica in questo mondo”?). Diciamo allora che in questo spazio, oltre al flusso di vanità che ci trascina a valle, come ramoscelli nella corrente, entrerà ciò che “ha a che fare” con la letteratura, e i criteri di scelta saranno determinati dai gusti personali, dagli interessi e dalle competenze del curatore. Questo è giusto e inevitabile: per non farsi travolgere infatti, per non affondare nelle rapide bisogna parlare di ciò che si conosce. Solo percorrendo questo cammino si raggiungerà uno degli obiettivi più alti più alti cui possiamo aspirare: che il nostro lavoro sia anche un buon lavoro.

dilemmi

Dove sono i grandi scrittori? Una lettera di Pietro Citati


Qualche tempo fa ho letto, in un sito letterario molto interessante, molto moderno e anche un po’ snob, che Pietro Citati sarebbe “un trombone”. Ora non so quale significato attribuire a questa parola, che ha certamente una valenza dispregiativa: se per trombone si intende un uomo d’altri tempi, che fa riferimento a una scrittura d’altri tempi, a uno stile estinto, dimenticato, totalmente non aggiornato sulle mode attuali perché poco curioso, e per nulla entusiasta, allora va bene; Citati rientra nella categoria. Ma se si intende che il trombone è una sorta di maschera inespressiva, un professorone che ascolta soprattutto il suono cupo della propria fama, i brontolii che emergono dal proprio microcosmo fatto di certezze sclerotiche, di patetiche rigidità, allora non sono affatto d’accordo. Citati non è tale. Coltiva una scrittura raffinata, un “bello stile” che pochissimi, ormai, sono in grado di apprezzare e quasi nessuno di produrre. Ha scritto sì un’opera discutibile come Kafka, un libro che è una summa di tutte le letture teologiche, così riduttive, così rassicuranti dell’opera di Kafka; però La colomba pugnalata è un libro struggente, in cui la figura di Proust emerge in tutta la sua gigantesca, ironica genialità; e i saggi contenuti nel Male Assoluto sono notevoli nella loro linearità e semplicità.
Comunque l’articolo mi ha richiamato alla memoria un episodio che vede coinvolto proprio Citati. Ero seduto nel bellissimo giardino botanico di Arco di Trento, di fronte alla sequoia, con un giornale che chiamerò il quotidiano; avevo appena letto un articolo che mi aveva inquietato parecchio. Nel testo si diceva che gli editori puri sono ormai scomparsi in Italia: al posto dei Valentino Bompiani ci sono freddi manager che trattano il libro come un elettrodomestico, come un detersivo. Questa situazione ha di fatto segnato la scomparsa dei “grandi scrittori”, e il loro posto è stato preso da autori medi che scrivono libri di media qualità e di media durata, che è esattamente ciò che cercano i nuovi editori-manager. Guardavo la grande sequoia mentre la malinconia calava in me come una melma che occlude i canali della speranza e dell’allegria; dunque i grandi scrittori sono estinti per sempre? Certo, di grandi libri ce n’è a migliaia, solo pescando nell’Ottocento e nel Novecento c’è da leggere per una intera vita, però... non avremo mai più un Henry James, e tutto per colpa di questi affaristi editoriali? Perché, affermava l’articolista, non si tratta di una normale evoluzione dello stile: i grandi scrittori sono sempre esistiti, così come i grandi pittori e i grandi musicisti, semplicemente attraverso i secoli cambiavano i moduli espressivi; no, la situazione è molto grave, il mercato, il denaro, il supermaterliasmo capitalista hanno soffocato a morte la grande musica immortale, la grande pittura e, ovviamente, la grande scrittura.
Così sono tornato a Torbole, a casa dei miei suoceri (a piedi, come sempre, lungo la pista ciclabile che costeggia il fiume Sarca), e nella cameretta che mi ospita ho preso carta e penna e ho scritto a Citati, mio vecchio amico di lettera (sì, proprio un foglio infilato in una busta affrancata, mica una e-mail). Ecco la sua risposta:

“E’ certissimo che i grandi scrittori non moriranno mai. Aspettano, dormono (parola illeggibile, forse “attendono”), il tempo giusto per risvegliarsi. Il mercato non uccide nulla. Nell’Ottocento, le esigenze del mercato erano peggiori di oggi: Balzac e Dostoevskij erano schiavi del mercato; eppure erano romanzieri meravigliosi. Non creda alle sciocchezze dei collaboratori del quotidiano”.


Dunque non mi resta che chiosare con la più stereotipata delle considerazioni: dove sono finiti i grandi scrittori? Ai posteri l’ardua sentenza.
Per noi, ormai è finita.

superkult

La svolta mistica di Vittorio Feltri


Posso confessare una cosa? A me Vittorio Feltri è simpatico. Sembra uno studioso di Chaucer con quei pantaloni di velluto, la pipa, i modi compassati; invece il suo stile è talmente violento, brusco, semplice nella sua brutalità, uno stile da perfetto spaccaculi del profondo Nord, quelli che, per intenderci, “non ci rompete i cujun voialtri finocchi ecologisti”, che, quando mi capita, lo leggo sempre con una sorta di divertita, perversa curiosità.
Ciò è avvenuto proprio l’altro giorno, quando ho ricevuto per posta il n. di gennaio 2005 di Espresso Sud, un mensile della Puglia dove il nostro ha una rubrica fissa. Beh, sentite un po’ scrive e dite se non siamo di fronte a una vera e propria svolta mistica:

“Vi stupirò. Da qualche tempo sono soggetto a un fenomeno di telepatia e ricevo i pensieri di Silvio Berlusconi. Sono lì in poltrona a meditare sulle vicende politiche italiane e la mia testa, dopo qualche elucubrazione, si mette in contatto con quella del Cavaliere, ne capta i messaggi”.


Se lo impara l’Emilio sono guai grossi.

recensione

Sei una nullità? Sii almeno favolosa!


“Se sei favoloso, lo sai istintivamente. Se non lo sei, non lo sai”. Chi, se non Reality Nirvana Tuttle, la più fabulous nobody della sfavillante New York anni Ottanta, può permettersi queste parole? Di lei tutto è “favoloso”, tutto è IN: il suo guardaroba, composto da vestiti viventi, ciascuno con un nome, Gina, Dolores, Carmen; lo sono i suoi pensieri, i suoi ideali: “la gente ha bisogno di credere in qualcosa. Se non credessimo nella moda, dove saremmo?”; lo sono i suoi amici, tutte nullità come lei, figure colorate e un po’ smarrite che vagano nel brulicante underground del superfluo, sperando, sognando di diventare finalmente qualcuno.
Torna in libreria, dopo 15 anni, pubblicato da Baldini Castoldi Dalai, questo cult sui “favolosi” anni Ottanta scritto dall’australiana Lee Tulloch, che all’epoca era editor di Vogue e di Harper’s Bazaar. Pubblicato nel 1989 (in Italia nel 1990 da Mondadori) passò praticamente inosservato presso il grande pubblico, forse perché scritto dall’interno, quasi in tempo reale, a decennio non ancora concluso. Oggi, col necessario distacco, possiamo goderci questa favola apparentemente effimera, esilarante, tenera, spietata, sull’ultimo decennio veramente epico della nostra storia recente. Galleggeremo piacevolmente nel Vuoto Assoluto, altalenando tra IN e Out, tra una moda “neo volgare” e il “Look Reality”, tra gite mirabolanti per negozi di abbigliamento e incursioni nei locali bohémiens. Eppure, sotto questo smalto duro di pura apparenza e di superfluo esasperato, sentiamo scorrere vita e sentimenti, sapientemente mimetizzati nel caos delle mode che, nella metropoli più “favolosa” del mondo, durano quanto un battito di ciglia. E Reality Nirvana, che “non ha mai saputo resistere a un tipo che veste Jean Paul Gaultier”, a un certo punto comincerà a chiedersi se è possibile innamorarsi di un ragazzo e non solo del suo vestito.