I cinque libri
Esistono dei giornali, dei mensili, che non si comprano in edicola ma sono distribuiti gratuitamente nei locali, nei cinema, in alcune catene di negozi, che sono più interessanti, brillanti e raffinati di tanti periodici regolarmente in vendita nelle edicole. Questi magazines gratuiti danno molto spazio alle immagini, con foto, disegni, tavole grafiche realizzate spesso dai migliori artisti del momento; parlano di eventi culturali, cinema, musica, libri. Uno di questi è Hot, mensile distribuito in vari locali di Milano, Roma e in tutti i negozi della catena Footloocker. Come immagine rispecchia un po’ i periodici inglesi di taglio giovanile, stile The Face insomma, tanto per semplificare. Il caporedattore è un mio caro e vecchio amico, Pierfrancesco Pacoda, che conosco dai tempi frigidairiani, quando lui era un collaboratore musicale. Sulle pagine letterarie, che sono a cura di Giancarlo De Cataldo, ogni mese uno scrittore indica i suoi cinque libri preferiti. Sul prossimo numero, che uscirà i primi giorni di agosto, toccherà a me. Ho riflettuto a lungo sui cinque titoli, e alla fine ho deciso di non indicare i grandi classici immortali tipo Guerra e Pace o Il Processo, ma libri che ho letto di recente con grande piacere e che spaziano, tutti insieme, in vari campi dell’espressione letteraria. Se qualche lettore del blog vuole indicare i suoi è il benvenuto.
Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi (Adelphi). Ambientato negli anni Novanta durante la rivoluzione islamica kohmeinista, è un lungo racconto che procede su diversi piani temporali. In quegli anni bui, in cui La Tenebra ha preso il potere sulla vita, sul tempo, sull’immaginario, sui sogni, una professoressa di letteratura straniera dell’Università di Teheran cerca di sopravvivere e di salvaguardare le sue studentesse dall’ omologazione e dall’oscurantismo che soffocano ogni libertà. Solo la letteratura, solo la libera espressione, vietate dal regime islamico, possono garantire l’ultimo piccolo spazio di lucidità e di vita.
Come una bestia feroce di Edward Bunker (Einaudi Stile Libero). E’ considerato il capolavoro di Edward Bunker, uno scrittore che ha passato gli anni migliori della sua vita in carcere, dove ha iniziato a scrivere. Max Dembo sta per uscire di galera in libertà vigilata ed è deciso a chiudere col crimine. Vuole rifarsi una vita, vuole entrare nell’olimpo dei “normali”, anche a costo di enormi sacrifici. Ma il mondo normale, la società cosiddetta civile, non offrono spazi a un ex galeotto, non gli concedono una seconda opportunità. Così inizia la rivolta di Max Dembo, la rivolta nel crimine, nella rapina a mano armata, sempre in bilico tra la vita e la morte, tra la salvezza e la rovina definitiva.
Il Bell’Antonio di Vitaliano Brancati (Mondadori). Un grande classico del Novecento italiano, da cui è stato tratto un famoso film con Marcello Mastroianni. Siamo nella Sicilia profonda, la Sicilia fascista, dove gli uomini maschi sembrano avere un’unica ossessione: il gallismo più estremo. Scritto in uno stile originalissimo, con dialoghi martellanti e folli, in una dimensione di demenza che lo configurano come un grande romanzo nero, segue il triste destino di un ragazzo bellissimo, desiderato da tutte le donne, invidiato da tutti gli uomini, che soffre, in realtà, di impotenza. Questa sua “mancanza”, questa sua “malattia”, nella società dominata da un’ossessione, fanno di Antonio un infelice e l’ultimo dei paria.
L’Ultima Legione di Valerio Massimo Manfredi (Mondadori). Tiziano Scarpa ha inventato per loro, per gli scrittori di romanzi d’avventura, storici, in costume, gli scrittori di gialli, di noir, il termine “narrificatori”. E questo è un capolavoro della narrificazione storica, scritto da un archeologo: è ambientato nel ‘400, quando l’Italia faceva parte dell’Impero romano d’Occidente ormai in fase di dissoluzione. Gli ultimi romani purosangue, depositari dell’antico onore, dell’antica civiltà latina, cercano di portare in salvo l’ultimo degli Imperatori in una fuga avventurosa attraverso l’Europa sconvolta dalle guerre e dalle invasioni barbariche.
Aforismi di Zurau di Franz Kafka (Adelphi). Kafka ha scritto questi testi brevi forse nell’unico periodo di relativa serenità della sua vita, dal settembre 1917 all’aprile 1918, durante un soggiorno nel minuscolo paesino della campagna boema per curarsi dalla tubercolosi. Lapidari, criptici, straordinariamente nitidi come tutti i prodotti della macchina di scrittura kafkiana, si discostano dalla forma classica dell’aforisma alla Kraus per assumere identità letterarie mutevoli: immagini, parabole, riflessioni rapide e taglienti sulla libertà e le catene, la vita e la morte.