martedì, luglio 24, 2007

VACANZE
Anche quest'anno andremo in vacanza. Gargano, per la terza volta di seguito. Gargano in agosto, grande baraonda, animatori scatenati, ciapa la galeina coccodè e compagnia bella. Io, per me, andrei in vacanza in settembre, o in giugno, ma un concorso di forze di grande potenza fa sì che i miei desideri passino in secondo piano. Ma sono veri desideri? Stare lontano dalla gente, il mito di un soggiorno in solitudine, è vero desiderio o sentimento di fuga, fantasia che si scontra con la realtà?
Chissà.
Intanto si parte e ci risentiamo a fine agosto o settembre, un caro saluto a tutti dal Baldrus balneare.

mercoledì, luglio 11, 2007


Il santo rogo

Giordano Bruno frate apostata da Nola
(Verbale della Santa Romana Inquisizione)

Giovedi a dì 16 febbraio 1600

A hore due di notte fu intimato alla Compagnia che la mattina si dovea far giustizia d’un in Ponte, et però alle 6 ore di notte radunati li confortatori e cappellano in Sant’Orsola, et andati alla carcere di Torre di Nona, entrati nella nostra cappella e fatte le solite orazioni ci fu consegnato il sottoscritto a morte condannato videlicet.
Giordano del quondam Giovanni Bruni frate apostata di Nola di Regno, eretico impenitente; il quale esortato da nostri fratelli con ogni carità e fatti chiamare due padri di San Domenico, due del Giesù, due della Chiesa Nuova e uno di San Girolamo, i quali con ogni affetto e con molta dottrina mostrandoli per l’error suo, finalmente stette sempre nalla sua maledetta ostinazione, aggirandosi il cervello e l’intelletto con mille errori e vanità, et anzi perseverò nella sua ostinazione che da ministri della giustizia fu condotto in Campo di Fiore e quivi spogliato nudo e lagato a un palo fu brusciato vivo, accompagniato sempre dalla nostra Compagnia cantando le letanie e li confortatori sino al ultimo punto confortandolo a lassar la sua ostinazione, con la quale finalmente finì la sua misera et infelice vita.

giovedì, luglio 05, 2007


A piedi è meglio ?

(Come già scritto Claudio Sabelli e Giorgio Lauro sono in viaggio a piedi da Lavarone a Vetralla. Ecco un aggiornamento).

Lattine di Coca Cola, bottiglie di birra, pacchetti vuoti di Marlboro e Ms, cicche, Fanta, Gatorade, scatole di Daygum, bicchieri di Estathè, un'infinità di bottigliette di plastica di acqua minerale. Tutta roba cotta dal sole, una lunga corsia di monnezza che costeggia le strade italiane senza che alcuno si faccia carico di ramazzarla e portarla in qualche piattaforma ecologica. E così noi possiamo inventarci sociologi e fare un inventario che ci consente di tracciare la mappa dei consumi degli automobilisti italiani e della loro maleducazione. Abbiamo trovato anche una confezione di Viagra, due guanti da pittore, qualche pannolino in attesa di essere biodegradato. Nessun preservativo. Viene da chiedersi che cosa pensino i nostri concittadini quando aprono il finestrino e svuotano le loro linde macchinette. E' vero che sono tutti prodotti usa e getta. Ma dopo averli usati, devono proprio gettarli dove capita?
I bordi delle strade provinciali e statali che stiamo percorrendo sono un letamaio. Quand'è che qualcuno si prenderà la briga di pulirli dai tanti cadaveri di ricci finiti sotto le ruote delle macchine? Abbiamo visto bisce, serpentelli, vipere, rospi, topi. Oggi vediamo anche una piccola volpe, lì, in attesa di decomporsi. Sembra che dorma, poverina. Nessun gatto, nessun cane. Si sono fatti furbi? Oppure per loro la pietà umana prevede che vengano spostati? Fine del pippone socio-ecologico.
Le strade, che una volta erano il regno dei pedoni, oggi sono la proprietà esclusiva delle quattro ruote. Le macchine sfrecciano a pochi centimetri dai nostri gomiti e spesso leggiamo sguardi di fastidio negli occhi degli autisti.Qualche volta ci fanno dei gestacci, spesso ci suonano il clacson per invitarci a spostarci ulteriormente, magari dentro la roggia o dentro il fosso. Siamo una presenza fastidiosa, inopportuna, invadente. E' una legge non scritta: le strade non sono per i pedoni, tantomeno per i viandanti. "Ma quand'è che è avvenuto il cambiamento?", chiedo a Giorgio. "Quand'è che le strade sono state scippate ai camminatori?" Giorgio ci pensa un po', aggrotta le ciglia, sembra cercare nella memoria e poi dice: "Non lo so. Sicuramente io non ero ancora nato ma tu forse sì".
In preda a questi pensieri profondi percorriamo lunghi rettifili che ci portano dalla provincia senese a quella perugina. Passiamo il confine regionale. E' la nostra quinta regione, dopo Trentino Alto Adige, Veneto, Emilia Romagna e Toscana. "Un quarto delle regioni italiane", pensiamo con orgoglio. Il grande tempo libero che abbiamo a disposizione ci spinge a fare fondamentali calcoli. Quante province abbiamo passato? Dieci? Quindici? Quanti passi abbiamo fatto? Più o meno di un milione per uno? Quanti litri di acqua avremo bevuto? 100? 150? Domande senza utilità per risposte che non avremo mai.
Umarells

lunedì, luglio 02, 2007


I 33 dischi
di Loris Pattuelli

33 dischi senza i quali non si può vivere di Ernesto Assante e Gino Castaldo (Einaudi Stile Libero 2007) è uno di quei libri che non mettono mai fretta al lettore. Sembra incredibile, ma con la scusa dei 33 dischi da salvare si può parlare di tutto, proprio di tutto. L’eroe di questo libro è un supporto fonografico chiamato ellepì (long playing) che, detto tra noi, è anche la merce più anticonvenzionale che si sia mai vista in giro, una specie di bene primario mezzo individualista e mezzo collettivista, mezzo gaudente e mezzo sacro. E’ prima di tutto un omaggio affettuoso al vecchio disco, all’album: "Noi ragazzi degli anni cinquanta siamo stati testimoni della nascita, dello sviluppo, del successo, del declino e della morte di un supporto che si era confuso completamente con l'opera che conteneva, il disco. E oggi siamo testimoni della nascita , dello sviluppo e del successo di una musica digitale che vive in mille supporti differenti, anche nei dischi ovviamente, ma in un ruolo secondario, minore, sempre più irrilevante. Il nostro libro, insomma, odora di vinile, racconta un'epoca , una maniera di far musica, che in qualche modo è finita. E della quale, almeno per noi, è difficile fare a meno".
Ritornando al libro, la prima cosa da fare (io non ci sono riuscito) è proprio quella di evitare di fargli le bucce, di irrigidirsi sull’essenziale che inevitabilmente manca. Gli autori, com’è giusto, hanno fatto scelte molto personali, molto rispettose di quella cosa chiamata arte pop. Però manca Sergent pepper dei Beatles, manca Hot rats di Frank Zappa, Music for 18 musicians di Steve Reich, My life in a bush of ghosts di Brian Eno e David Byrne; manca quello che, per me (ma soltanto per me), è il più bel disco degli ultimi vent’anni. Fuori il titolo? Eccolo: Michey Hart At the edge Rykodisc rcd 10124.
A questo punto mi permetto di elencare alcune scelte particolarmente azzeccate: Pet sounds dei Beach Boys, Koln concert di Keith Jarrett, Kind of blue di Miles Davis, Electric ladyland di Jimi Hendrix, A rainbow in a curved air di Terry Riley, If i could only remember my name di David Crosby, Highway 61 revisited di Bob Dylan. Ma, visto che ci sono, vorrei anche sapere come si fa a non mettere in lista I am the blues di Willie Dixon: in questo disco il bluesman più saccheggiato dal rock canta e dirige la più sensazionale e gioiosa piccola orchestra mai apparsa sulla faccia della terra. E poi come si possono dimenticare i 29 blues di Robert Johnson? Qui c’è tutto quello che un eventuale marziano dovrebbe sapere di noi terrestri. E Satisfaction dei Rolling Stones? Qualcuno sa dirmi in quale album era? Io non lo so e non lo voglio neanche sapere. Era un 45 giri, sicuramente il 45 giri più sconvolgente di tutto il rock’n’roll. Chissà se qualcuno ha mai stampato un ellepì con soltanto questa canzone. Satisfaction e poi il silenzio per tutto il resto del disco. Più o meno come un coup de dés di Mallarmé: 10 pagine di versi e un altro centinaio di fogli bianchi per le note del lettore.
Il libro di Assante e Castaldo è proprio un gran bel libro. Io ogni tanto lo sfoglio come un almanacco, poi mi metto a sognare e a sragionare senza tanti scrupoli. Prendiamo la pagina dedicata a Revolver dei Beatles. Non è vero che il destino dei sogni è sempre quello di diventare incubi. I quattro di Liverpool la rivoluzione l’hanno fatta sul serio e l’hanno pure vinta, se è per questo: "La più smagliante qualità del gruppo era saper inventare forme del tutto inedite, a volte addirittura sconcertanti, con una sensazione di semplicità, una sorta di avanguardia messa gioiosamente al servizio delle masse. Di più, con loro si compie definitivamente la rivoluzione che era rimasta implicita alla musica popolare, la trasformazione da artigianato ad arte". Mi sono soffermato anche su Remain in light dei Talking Heads e, memore delle mille apocalissi della nostra trasognata quotidianità, ho iniziato a canticchiare qualche ritornello particolarmente azzeccato di questa straordinaria band newyorkese. Eccone uno che, lo confesso, mi ha fatto sentire prima iridescente, poi trasparente, e infine assente. "Come sono arrivato qui?" grida David Byrne. "Una volta nella vita devi farti questa domanda!", risponde il coro. Remain in light è la tribalità che si mischia con l’elettronica, la metropoli che si sposa con il deserto. E come non esaltarsi davanti a My favorite things, l’opera che John Coltrane ha continuamente reinventato negli ultimi sette anni della sua vita?
Il libro di Assante e Castaldo parla dei 33 dischi senza i quali non si può vivere. Meglio dargli un’occhiata ogni tanto, inserirlo nel circuito delle nostre piacevoli abitudini. Intorno a questo pezzo di cartone con dentro un pezzo di plastica c’è ancora molto da dire e da ridire. Potrebbe anche essere un buon inizio.
(Pubblico questo pezzo in contemporanea con la poesia e lo spirito)