La Padania: è una terra ricca, fortemente sfruttata, una terra che produce enormi quantità di prodotti agricoli per la comodità della pianura, industrializzata oltre il possibile, un reticolo di strade e autostrade, ingorghi quotidiani, un inquinamento atmosferico pari a quello della piana di Los Angeles, dove gli scrittori americani descrivono una nube di smog grigio-vermiglio che la ricopre ad ogni ora del giorno e della notte; la Padania ha un clima umido, con un caldo opprimente, aggressivo in estate, infestata da qualche anno di terribili zanzare tigre, che rendono impossibile un pomeriggio di lettura in giardino, e frequenti temporali di tipo tropicale, che sradicano anche grossi alberi e scoperchiano case (al vostro affezionato blogghista l'inverno scorso è caduto un cedro secolare sulla Berlingo appena comprata), e freddo umido, rigido e perfido, in inverno. La Padania gode ancora del mito di grande ospitalità (per la parte emiliana almeno) e simpatia, ma la grande immigrazione e un degrado dilagante stanno mettendo in crisi anche questa qualità.
Non è facile la vita in Padania. Negli ultimi tempi è peggiorata. Negli uffici pubblici (poste soprattutto) le file sono chilometriche; i supermercati e gli ipermercati, enormi, sono gremiti; i paesi e le cittadine sono strangolate da un traffico senza pietà; le case costano cifre orrende. E poi ci sono i leghisti in Padania, che la reclamano per sé, con un parlamento padano, le miss padane, l'industria padana, i danér padani. Allora perché non dare loro la Padania, almeno la parte lombarda e un po' di quella emiliana, con le zanzare tigre, il caldo umido, l'ingorgho di strade e autostrade? Talvolta penso a un muro alto otto metri sormontato da filo spinato e torrette con mitragliatrici, da dove buttare dentro i leghisti, con piena libertà di costruire altre strade, il loro parlamento, i ducati padani, la lingua padana, e soprattutto animata dai loro amatissimi leaders. Questi pensieri de-evoluti mi vengono quando vedo i leghisti in tv, onnipresenti: quel ministro calderoli per esempio, con quella ghigna storta sul faccione: sappiamo che "nella villa di Bergamo" aveva una tigre, che mostrava con orgoglio agli amici; poi un giorno si è mangiata un cane, e allora "l'ha messa via"; dove l'ha messa? L'ha liberata in Padania? Adesso ha due lupi, sono più tranquilli. Magari in futuro ci metterà un rinoceronte e un paio di coccodrilli. Non è la loro terra questa? Dobbiamo averli per forza tra noi questi personaggi, con le nostre tasse dobbiamo pagare loro la povera tigre, gli sventurati lupi? Se circondassimo la loro repubblichina padana con un muro corazzato li potremmo lanciare dall'alto (tanto sono infrangibili, rimbalazano) e non vederli mai, mai, mai mai più.
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