mercoledì, marzo 01, 2006


Uccelli 2

Quasi ogni mattina, dalla finestra della mia cucina, assisto a una scena che si ripete. Raccolgo le briciole di pane o dei biscotti della colazione, le unisco alle briciole del giorno prima, qualche vecchia brioche scaduta, pezzi di panettone che compriamo dopo le feste in offerta al supermercato, e lancio il tutto sul prato del condominio, quattro piani più sotto.
I lettori fedeli di questo sito sanno che dove abito, un parco lungo il fiume Reno, vivono e viaggiano molto uccelli. Vi sono i passeri, chiassosi, che saltellano e becchettano con una specie di furore; i merli, timidissimi, che fuggono per un nonnulla; poi i piccioni, ma da quegli autentici fricchettoni che sono al mattino presto non sono ancora arrivati, ed è una fortuna, perché si muovono in grandi branchi fricchettoni e divorano tutto in pochi minuti e agli altri non resta più niente; e c’è la temibile ghiandaia, protagonista del precedente racconto Uccelli (si trova nell’archivio di giugno); ci sono le gazze, ma non scendono mai, passano tutto il tempo sugli alberi a fare un gran baccano (la gazzarra, appunto); infine ci sono le tortore, che arrivano di solito in numero di due, o di tre, o quattro.
Prima di lanciare il becchime però scruto con attenzione il prato, gli alberi, i cespugli, per accertarmi che in giro non ci sia l’assassino. E’ un gatto nero, che vive nel palazzo di fianco, che caccia gli uccelli per puro divertimento. Li assale, li tormenta, li strazia lentamente e li molla lì a brandelli senza mangiarli. La sua padrona, che è una animalista che talvolta porta d’urgenza alla LIPU gli uccelli feriti dal suo assassino, gli ha legato al collo una campanella che dovrebbe annunciare il suo arrivo; ma lui è così attento, così felpato che ha imparato a muoversi senza farla tintinnare. Ma è improbabile che sia in circolazione. Questo per lui è un territorio con divieto di accesso. Lo sa, e quando deve attraversare il cortile compie un giro largo con la coda e le orecchie basse. Sa che in questa porzione di prato rischia grosso. Una volta che l’ho visto in agguato mentre gli uccelli planavano gli ho rovesciato addosso una pentola d’acqua. E qui ho potuto constatare la fantastica prontezza di riflessi del gatto. Benché fosse con tutti i muscoli in tensione, concentrato sulla preda, con uno scatto bruciante è schizzato via un attimo prima di essere investito dal bolo d’acqua. Forse ha sentito una goccia, o lo spostamento d’aria, e la sua risposta è stata fulminea.
A questo punto lancio il cibo, e subito i passeri, che mi stanno aspettando sparsi su vari alberi, atterrano e si mettono a saltellare. Poi arrivano o merli, alla spicciolata, ma fuggono subito, spesso senza avere afferrato neanche un boccone.
Ed ecco le tortore. Ecco il loro gioco, la loro performance; la sua performance, della tortora che ho chiamato la Numero Uno: questo esemplare, che non è neanche il più grosso, ma è la più aggressiva, la più prepotente, ha come unico scopo quello di scacciare le altre per impedire loro di mangiare. Si avventa sulla Numero Due, sbatte le ali per spaventarla, grida, la fa fuggire. Poi passa alla Numero Tre, ripete la sceneggiata, e se è necessario la insegue con brevi voli furiosi. Torna immediatamente in zona cibo e si occupa di nuovo della Numero Due, che approfitta dell’inseguimento per tentare di afferrare qualche briciola. Va avanti così senza mai cedere, senza rassegnarsi.
Il risultato è che nel frattempo gli altri uccelli mangiano tutto e per lei non resta nulla. Anche per le altre, però qualche volta qualcuna riesce a rimediare un bocconcino mentre lei è impegnata negli inseguimenti.
E’ una storiella esemplare, che potrebbe essere usata da un guru indiano o buddhista per rispondere a una domanda sui massimi sistemi della vita. E’ una parabola perfetta sulla vita, la prepotenza, l’istinto di potere.
(Nella foto la temibile ghiandaia protagonista del precedente Uccelli)

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Mentre leggevo, divertendomi come al solito...pensavo, "metafora dlla vita ..." ma intanto pensavo ai nostri governanti, chiedendomi a chi poter assimilare il gattone nero.
Per fortuna sei tornato,Baldrus!!
pap

Anonimo ha detto...

Mi hanno sempre affascinato gli animali, perché sono quello che saremmo noi se non ammantassimo le nostre azioni di parole altisonanti e di motivazioni "morali". Bel racconto.
Ciao
Sergio

Anonimo ha detto...

Sì, carino! Mi fa un po' specie, e anche ridere, la padrona animalista che porta gli uccelli feriti dal veterinario. Ma non può tenere in casa il suo gattaccio?

Anonimo ha detto...

Gattaccio? Chi parla così di un essere che nella scala della selezione naturale ha avuto ed ha così successo -un perfetto killer, d'accordo, ma pur sempre perfetto? ;-))
O forse voi, di fronte alla TV stavate con Titti , anziché con Silvestro?

saluti felini

Anonimo ha detto...

Grazie ragazzi. Beh, due parole per spy: la capisco la signora, e sento la sua sofferenza di animalista, perà ama il suo gatto, come io amavo i miei due cani che hanno ucciso parecchie galline in giro per la campagna, alcuni tacchini, e un'oca di una signora anziana che la teneva in giardino (senza recinzione) e la trattava come una figlia, e ha pianto disperata di fronte alla carcassa straziata. Ovviamente ho sempre pagato tutto profumatamente. Ma amiamo i nostri animali, anche se la loro condizione non è proprio naturale: infatti il killer nero è castrato, come la maggior parte dei gatti domestici, e il suo comportamento subisce per forza una mutazione.

Anonimo ha detto...

maline, sei un felino! No, d'accordo, niente contro i gattacci, però sono degli sterminatori gratuiti accidenti! E dei sadici! No, scherzo, il mondo animale ha regole sue, non giudico. E poi la mia fidanzata, guai a chi glielo tocca il suo micio, salvo quando rompe le balle che vuole sempre stare sul letto!

Anonimo ha detto...

ma perché a questi gatti ci si deve sempre tagliare le palline?