mercoledì, aprile 26, 2006


Mapplethorpe, la sfida della ricerca

“Quando fotografo, che il soggetto sia un fiore o un cazzo, faccio sempre la stessa cosa. Solo metto a fuoco un soggetto diverso.”
Parola di Robert Mapplethorpe. E’ una sua dichiarazione, un suo appunto di lavoro, e dobbiamo prenderlo sul serio. Eppure, noi che siamo osservatori distaccati, abbiamo il beneficio del dubbio. Le foto di peni maschili non sono affatto “la stessa cosa” di quelle dei fiori. Sono distanti, e rivelano due approcci molto diversi, talvolta opposti.
Ma procediamo con ordine. E’ tornato in circolazione questo grande portfolio di Mapplethorpe (Artificio Skira), che aveva fatto una prima comparsa durante le feste natalizie come lussuoso oggetto-regalo, ed ora è reperibile nelle librerie specializzate che offrono uno spazio particolare alla fotografia e all’immagine. E’ il catalogo di una grande mostra che si è tenuta a Torino, curata da Germano Celant, ed è un libro impegnativo per dimensioni (21 x 32 x 4,5), peso (3,2 Kg), e prezzo (69 euro). Però è una raccolta abbastanza completa – forse la più completa – della sua produzione. La storia di questo grande e controverso fotografo è nota: realizza i primi servizi negli anni Settanta, réportages-shock nei locali macho-gay di New York, e diventa immediatamente una stella del firmamento off newyorkese. Ha una solida e raffinata educazione artistica classica, avendo studiato al Pratt Institute e al Reserve Officiers Trainig Corps. Dopo i primi esperimenti come pittore, creatore di collages, disegnatore di gioielli, si dedica totalmente alla fotografia. La sua attenzione verso la classicità – le sculture degli antichi greci, i quadri di Caravaggio, le opere di Leonardo, di Michelangelo, di Rodin – occupa uno spazio molto importante nella sua ricerca artistica, e rappresenta, forse, il lato B della sua vasta produzione.

(continua a leggere nella Bottega di lettura di Vibrisse)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bell'articolo, bella recensione, scritto benissimo, veloce, asciutto, accattivante. Se non fosse per i tre ingombri, ma soprattutto per l'ultimo...correrei a comprare il catalogo, anche se le foto dei...peni per mia incapacita' o immaturita' non riesco a considerarale...arte.
Considero il sesso, e cio' che lo compone, peni e altro...una cosa intima e privata, che fa parte di una sfera che esula dal pubblico. Ma te l'ho detto e' una mia ...debolezza?
per lo stesso motivo non sono mai riuscita a dire parolaccie...
Va bene dopo questa confessione, vado a nascondermi!!
pap

Anonimo ha detto...

Gli organi sessuali, pap, sono parte del nostro corpo, e se si fa arte rappresentandolo, per intero, o per sfumature, ombre e particolari, perché non può esserlo se l'oggetto della rappresentazione è il sesso? Certo che bisogna analizzare come avviene l'operazione. Ovvio che la volgarità commerciiale non sarà mai arte. Ma non è il caso di RM.