mercoledì, novembre 09, 2005

I Sempregiovani

Quando il tempo passa, e il corpo umano prosegue nel suo spietato declino fisico, perché non sappiamo in quale altro modo chiamare l’invecchiamento delle cellule e dei tessuti, vi sono persone che provano un grande disagio, forse un vero e proprio terrore, nel verificare questo processo su se stessi. Si soffre a invecchiare, non si accetta questo destino che unisce ricchi e poveri, carnefici e vittime.
Il Sempregiovane cerca di opporsi con tutte le sue forze a questo implacabile processo. Durante il ciclo vitale il corpo, l’aspetto fisico, e spesso la mentalità entrano in fasi di sviluppo diverse, procedono per tappe nel loro cammino di crescita, sviluppo e declino. Quando si diventa “grandi” ci si veste da grandi, si parla da grandi, si agisce da grandi. I Sempregiovani intristiscono quando si rendono conto di essere grandi, o quanto meno che dovrebbero esserlo. Si deprimono, si sentono perduti, condannati. Eccoli quindi, a quaranta, cinquant’anni, che frequentano i negozi di abbigliamento per ragazzi, comprano pantaloni militari, da rapper, da skateboardista, jeans stracciati e camicie col collo alto, a righe sgargianti; inforcano occhiali scuri avvolgenti, all’ultima moda, e non è raro che si facciano tatuare simboli Maori o un filo spinato su un bicipite; si sentono un po’ a disagio attorniati da ragazzini, si sentono fuori posto, ma si sentirebbero peggio a entrare nei negozi per babbioni a comprare pantaloni con la riga, e la giacchetta grigia, e la camicia azzurrastra. Più il tempo passa, e il processus si fa evidente, più loro si accaniscono nelle scelte giovaniliste. Il Sempregiovane cerca anche di mantenere il proprio corpo in forma fisica perfetta, con lunghe corse nei parchi, spesso con due pesi in mano, o in cintura - soffrendo come un cane, ma soddisfatto, in fondo, perché l’arresto del tempo va pagato caro - e una frequentazione più o meno regolare di palestre e centri estetici. In questo sono seguiti dalle Sempregiovani, che devono lottare ancora più duramente contro l’invecchiamento e il terrificante rilassamento dei tessuti. Perché, ovviamente, vi è anche la versione femminile: ho conosciuto di persona alcune Sempregiovani, a Milano, quando mi capitava di frequentare le agenzie di pubbliche relazioni, moda e pubblicità. Erano soprannominate “le belve”, o “le fiere”, per gli atteggiamenti aggressivi. La pelle era brunita, seccata dalle continue lampade, e sul torace scarno, con le ossa in evidenza, perché erano mezze morte di fame per le feroci diete, non mancavano mai lussuose e sfarzose collane; il trucco, benché raffinato, era sempre eccessivo sui loro volti scarnificati di donna matura, e le labbra scarlatte, non ancora gonfiate dalle iniezioni di silicone, sembravano ferite sanguinanti. Indossavano corpetti o giacche di tessuto maculato, calze a rete, scarpe con tacco alto rosse, o viola, o blu, o gialle, o a scacchi stile anni Sessanta.
I Sempregiovani hanno difficoltà spesso dolorose in famiglia. Lui, se è accasato, e spesso lo è, si sente oppresso, e tende a rinchiudersi in uno spazio tutto suo, uno studio, o fuori casa, con gli amici. Quando deve occuparsi della famiglia, quando è costretto a uscire con loro, per una cena al ristorante, o per fare compere, si sente raddoppiare di peso, diventa cupo. Vorrebbe fuggire via, ritrovare la libertà della giovinezza, frequentare gente libera, come lui, perché è libero, nell’abisso dell’animo. Lei raramente ha famiglia, spesso è divorziata, o separata. La famiglia la spaventa, perché è attratta solo dai ragazzi: impazzisce per i corpi maschili giovani, in tiro, scattanti; l’uomo che secondo le regole della società sarebbe adatto a lei, l’uomo maturo, che ha superato i cinquanta e si avvia ai sessanta, con la pancia, le guance che iniziano a cadere, i capelli radi, o grigi, e il tono muscolare in fase calante, le ispira una sorta di repulsione, o di tristezza. Talvolta ci pensa, una voce estranea e sgradevole le dice che non può continuare a correre dietro ai ragazzi, perché i ragazzi se ne fregano di lei, o se la guardano, e l’accettano, è per motivi di interesse, perché sono dei fotomodelli, degli aspiranti qualcuno e lei può aiutarli nella carriera; dovrebbe rivolgersi a un uomo adatto a lei, alla sua età; ma questo è un pensiero straziante, che lei scaccia subito, con un guizzo repentino dell’animo.
I Sempregiovani rifiutano, non si adeguano, cercano di mandare in frantumi i ruoli che pretendono di imprigionarli e di rovinarli: quei ruoli che esaltano attraverso i media la bellezza giovanile, e relegano chi è fuori, chi ha perduto per sempre l’età, nella folta, grigia, triste, claudicante truppa dei brutti, dei vecchi, delle persone di serie B. I Sempregiovani si ribellano a questo destino che è loro imposto dalle convenzioni, ma la loro è una ribellione anomala, è implosiva: inseguono una deterritorializzazione della persona, cercano di spezzare la gabbia degli schemi conformisti, ma finiscono per riterritorializzarsi crudelmente assumendo su di sé proprio gli imperativi di quei ruoli, il conformismo della giovinezza, della moda giovanile propagandata dai media spinta ai limiti estremi.
Per questo, per questa sofferenza senza uscita, per questa contraddizione che si avvita su se stessa, i Sempregiovani sono persone fragili, vulnerabili, e meritano tutto il nostro rispetto e la nostra solidarietà.

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