Il Premio Strega, i candidati
(Questo è un réportage politicamente scorreto dell'evento, che si è tenuto giovedi 11 maggio a Bologna. Per la versione politicamente corretta si va su vibrisse.)
I grandi patrimoni, si sa, talvolta vengono svenduti, smembrati, sperperati. Un vecchio imprenditore di stampo austro-ungarico lavora tutta la vita dodici ore al giorno compresa la domenica per creare un capitale solido, un plusvalore garantito, poi arriva il figlio, o magari il genero, che se lo distrugge in ballerine, gioco d’azzardo, aereo privato, la villa a Portofino.
Il Premio Strega era uno questi grandi patrimoni. Lo fondò una grande scrittrice, Maria Bellonci, sessant’anni fa, e vi ha dedicato una parte importante della sua vita. Hanno vinto il Premio Strega, tra gli altri: Ennio Flaiano, Cesare Pavese, Elsa Morante, Dino Buzzati, Tomasi di Lampedusa, Paolo Volponi (2 volte, nel 1965 e nel 1991), Guido Piovene, Tommaso Landolfi, Primo Levi, Umberto Eco, Goffredo Parise, la stessa Maria Bellonci (dopo la morte). Insomma, il meglio del Novecento. Poi, arrivano i generi spendaccioni, e progressivamente la qualità cala: premiano persino Margaret Mazzantini, siamo alle mode, ai droga-party. Dopo il premio alla Bellonci, che possiamo chiamare l’anno zero, ha vinto sette volte Mondadori, due volte Bompiani, tre Einaudi, una volta Leonardo, tre Feltrinelli, una Garzanti. Insomma, il taglio della torta, e il padrone di casa si cucca le fette più grosse.
Quest’anno la comunicazione ufficiale dei candidati è avvenuta a Bologna, nel salone dello Stabat Mater (perché i vip vanno ospitati a dovere, devono stare comodi, e rifarsi gli occhi con gli affreschi).
Il pubblico era quello delle celebrazioni trombonesche d’élite: c’era il sindaco d’acciaio Cofferati, che vuole sfrattare i centri sociali, ma non si perde un ricevimento come si deve. C’erano i cumenda col vestito grigio, i baroni e le baronesse, in nero e in lungo (fosse stato inverno avremmo assistito a una sfilata di pellicce). Dopo un saluto balbettato da un esausto assessore Guglielmi è arrivato il distratto, lunatico, felliniano Maurizio Baggiani (così l’hanno chiamato sulle pagine bolognesi dei giornali), che ha iniziato a parlare lontano dal microfono, e non si capiva niente; allora la temibile Anna Maria Rimoaldi, la padrona del Premio (o la segretaria? Avevamo l’impressione che i padroni fossero gli editori), seduta accanto al sindaco d’acciaio, è sbottata con un “non-si-sente-niente!” Allora Maggiani si è avvicinato al microfono, ha traballato e poi ha ripreso a parlare lontano. Così tutti a dire al vicino: “eh? Cos’ha detto?” e il vicino: “boh, non ho mica capito”. Ecco dunque i candidati, con una noticina a margine sui loro libri di uno dei due scrittori che li propongono:
Massimo Cacciapuoti, di Napoli, infermiere, con L’abito da Sposa (Garzanti); di lui Segio Campailla, ha detto: “dei fardelli antichi, che pesano sulle spalle, alla fine si scaricano, esprimendosi”.
Sergio De Santis, di Napoli, giornalista, con Cronache dalla città dei crolli (Avagliano); Raffaele la Capria ha detto: “c’è la caverna primordiale, e gli uomini della caverna. Solo che la caverna è Napoli”.
Francesco Fontana, di Mestre, metereologo, con L’Imitatore di corvi (Feltrinelli); Maurizio Maggiani ha detto: “è la storia di un circo che gira la Germania portando carrozzoni di mostruose meraviglie, è la storia di una reclusione forzata che ridà allo spirito libero e sensuale di Fritz una dimensione inattesa”.
Pietro Grossi, di Milano, con Pugni (Sellerio); Salvatore Nigro ha detto: “uno stile scuro e inconfondibile. I racconti i Pugni ritagliano storie di intima vita quotidiana, e le distruggono là dove tutto incalza e costringe a misurarsi con le incertezze”.
Lucrezia Lerro, poetessa, con Certi giorni sono felice (peQuod); Vivian Lamarque ha detto: “Un lupo dentro la pancia di Cappuccetto Rosso. Un lupo vivo e tra i più affamati e spaventevoli che un lettore abbia mai incontrato”.
Giuseppe Manfridi, di Roma, drammaturgo, con Cronache del paesaggio (Gremese); Alberto Bevilacqua ha detto: “C’è una aspirazione alla totalità di impronta musiliana”.
Massimiliano Palmese, di Roma, autore teatrale, con L’Amante proibita (Newton Compon); Renato Minore ha detto: “mi ha convinto”; e Arnaldo Colasanti: “un libro semplicemente vero. Ne siamo entusiasti”.
Claudia Patuzzi, di Roma, insegnante, con La stanza di Garibaldi (Manni); Vincenzo Consolo ha detto: “è scritto bene, in modo chiaro ed essenziale, comprensibile e mai banale, cosa rara ai nostri giorni”.
Wilson Saba, di Roma e Bologna, attore, con Sole & Baleno (Il Foglio); Paolo Terni ha detto: “Il testo è abitato da un vero e proprio atto di fede, davvero furibondo e appassionato, una testualità forte, significativa, non autoreferenziale, processiva e necessaria”.
Sandro Veronesi, di Firenze, scrittore, con Caos Calmo (Bompiani); Tullio de Mauro ha detto: “Dalla prima pagina del ‘surf’, di pagina in pagina, come tanti, sono stato trascinato dalla corrente del racconto; coglie, mi pare, il correre inutile, vuoto, che ci affligge”.
Rossana Rossanda, giornalista, scrittrice, con La ragazza del secolo scorso (Einaudi); Dacia Maraini ha detto: “si scopre una persona tenerissima, anche fragile, ma capace di una amara e divertita ironia nel racconto dei propri abbagli e di quelli di tutta la sinistra, pur non rinnegando le ragioni di quelle scelte”.
Cioè, voglio dire, non sono mica invenzioni, sono campionamenti delle schede, hanno proprio detto “dei fardelli antichi, che pesano sulle spalle, alla fine si scaricano, esprimendosi”, oppure “una testualità forte, significativa, non autoreferenziale, processiva e necessaria”. E’ tutto documentato nella cartella stampa che mi hanno dato due hostess del Premio che prendevano gli accrediti, e alle quali ho tentato con ogni mezzo a mia disposizione di fare scrivere correttamente l’URL di vibrisse e quella di Nazione Indiana, che non avevano mai sentito nominare in vita loro.
Guardavo tutti quegli scrittori pubblicati da piccoli e medi editori: rappresentavano la faccia pulita del Premio, il contorno, la lattuga: vedete, sembravano dire, non è mica vero che ci sono solo i boss allo Strega, ci siamo anche noi, i piccoli, gli esordienti; è democratico lo Strega, è una cosa seria lo Strega. Chi parla di lottizzazione guardi noi, le nostre facce pulite, la nostra imbranataggine nel parlare (perché quando Maggiani rivolgeva loro una domanda precisa loro mica rispondevano, macché, recitavano a memoria la schedina dei loro libri). In realtà lo sanno anche i muli che vincerà la Rossanda, con qualche chance di Veronesi.
Veronesi era per l’appunto la star, visto che la Rossanda era assente. E io a guardargli sempre le scarpe. Erano sbagliate, sono sicuro, perché l’ha detto Daria Bignardi: Veronesi è elegante, “ma sbaglia sempre le scarpe”. Erano certamente sbagliate, due scarpantibus color cacca di stitico sotto due pantaloni troppo lunghi che gli facevano “il zalappo”. Se ci fosse stato Piperno, invece, lui sì che sarebbe stato in tiro, minimo un doppiopetto o un gessato, perché frequenta il bel mondo Piperno, si tiene a modo Piperno. Ma se ci fosse stato uno del bel mondo poi doveva vincere al mille per mille, e allora come la mettiamo con le belle facce pulite degli scrittori imbranati?
Quando finalmente la trombonata è finita, nell’atrio abbiamo fatto incetta di libri gratis, che erano a disposizione su un banchetto. C’era chi andava via con la schiena curva. Poi tutti nell’enorme bar Le Scuderie, in Piazza Verdi, con tutti i ragazzi e gli studenti e i punk bestia accoccolati sull’asfalto, a ridere, a bere birra, a vivere un po’. C’era l’incontro degli autori col pubblico. Macché incontro. A nessuno importava un accidente, c’erano i cocktails, i beveraggi, lo struscio, nessuno ha fatto domande e tutti si sono strusciati, hanno sbevazzato, e hanno potuto dire “io c’ero”.
(Nelle foto: le scarpe di Veronesi; Maggiani presenta il libro di Veronesi)
3 commenti:
no, dai le scarpe di Veronesi non sono male, sono anche intonate al colore dei pantaloni e poi sono all'ultima moda, lo so perche' le indossano quasi tutti i miei sclari fighettini...La daria si sara' sbagliata...
Bello il passaggio... Il premio non lo voince piu' lo scrittore, anzi il racconto, ma l'editore...
hai detto tutto Baldrus.
Come sempre.
O ...quasi sempre :))
Pap.
ps scusami gli errori, ma sono stanca!!!
SCOLARI
DARIA CON LA MAIUSCOLA
VINCE
PAP
No, pap, davvero le scarpe ti sembrano a posto? All'ultima moda va bene, si sa che gli scrittori oggi devono essere in tiro per vincere lo Strega (almeno per aspirare), però nella foto non si vede bene la giacchetta, che era nera, di tipo elegantuccio. Mio sa proprio che erano sbagliate.
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