"Il mio segreto è una memoria che agisce talvolta per terribilità"
"allacciava tra loro le cose più disparate e dava rincuorante plausibilità"
"la bocca tranquilla, sapiente di parole assicurative".
E’ Maria Bellonci, la scrittrice del Novecento italiano famosa per i grandi romanzi storici ambientati nel Rinascimento, e per avere inventato, con alcuni amici, nel 1947, il Premio Strega (altri tempi, nulla a che vedere con le manifestazioni per "cumenda" e onorevoli vari dei nostri anni). E’ una nuova scoperta, forse un nuovo amore. Sto leggendo Rinascimento Privato, anni di avventure, tormenti, intrighi alla corte dei Gonzaga di Isabella d’Este, mentre il re di Francia invadeva il ducato di Milano e faceva prigioniero Ludovico il Moro. Io, che adoro il romanzo storico, strabilio di fronte alle ricostruzioni, ai particolari degli arredi, alla rivisitazione della sensibilità dell’epoca, e al lavoro sulla lingua. Perché qui è il limite di molti racconti storici: la scrittura è in qualche modo conformista, scorrevole ma piatta, una scrittura priva di coraggio, indifferente alla ricerca e alla sperimentazione, perché viene privilegiato unicamente il colpo di scena, l’avventura. La Bellonci invece inventa parole, lancia sfide alla lingua, la fa vibrare, ne modifica il respiro e il ritmo. E questo, se non è a discapito della vivacità della narrazione, se permette al lettore di divertirsi e di appassionarsi, è forse il risultato più alto che un romanzo può raggiungere e fa competere ad armi pari una nostra scrittrice con una grandiosa narratrice storica come Marguerite Yourcenar.
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