Che fine ha fatto la meraviglia? E i meravigliosi?
Se proprio dovete andare, se il richiamo è troppo forte – come lo è stato per me – scegliete almeno la prima proiezione, perché durante la seconda, dopo le 22.30, se siete un po’ stanchi The interpreter vi farà piombare in sonno tombale. Il film è piuttosto monotono, per due terzi non accade assolutamente nulla, la storia non è particolarmente avvincente né è sviluppata con stile originale. Ero molto attratto dalla grande firma di Sidney Pollack, pensavo: finalmente uno di quelli tosti, in questi tempi di commedie o di kolossal hollywoodiani e qualche italianata sentimentale. Invece niente da fare. Un racconto lento, scarsamente intrigante, con pochi colpi di scena. Sean Penn, nei panni di un poliziotto buono e malinconico, sembra sempre sul punto di addormentarsi, come lo spettatore; almeno Nicole Kidman, ripresa in frequentissimi primi piani che mostrano la trama della pelle, lo strato del trucco e i capillari degli occhi, è molto fotogenica; e la poliziotta socia di Penn ha un viso interessante: sono le cose migliori di questo pizzone surgelato.
Oggi il marketing è padrone dei nostri gusti, determina le nostre esigenze. Confezionano gli spot, i trailers con una tale carica che tutti corriamo a vedere The interpreter, o la burbanzata di turno, e usciamo regolarmente delusi, e magari un po’ arrabbiati; qua a Bologna per esempio il marketing ha martellato sull’ultimo libro di Grisham, The Broker (una volta in Italia si traducevano anche i colpi di tosse, oggi guai a togliere la patina di americano) e tutti corrono a comprarlo, come un oggetto prezioso, raro (mentre è presente, sotto forma di altipiano, in tutte le librerie), poi lo iniziano, e si piantano perché è una noia, fa schifo. C’è sempre questa attesa per l’ultima meraviglia, e questa delusione perché la meraviglia promessa non esiste, è solo fumo, solo packaging. Ma poi si ricomincia, si corre, si compra con una sorta di affanno, e si impreca.
Non esiste più la meraviglia? I freddi managers che hanno occupato le case editrici, le case discografiche e cinematografiche l’hanno uccisa, come si dice da tempo? Può darsi. Solo dalla libera creatività, dalla fantasia liberata, dal coraggio, dalla sfida, e dalla sofferenza, nasce la meraviglia artistica. I prodotti in linea con le mode, con le esigenze del mercato, i prodotti da supermarket, non contengono la meraviglia. Tutto è medio, costruito, manierista.
Ma non è solo colpa dei freddi managers. E’ anche colpa nostra. Se gli artisti, quelli veri, sono in sonno, o gridano nel buio, è anche perché noi, impegnati nell’opera di quotidiana omologazione, noi che corriamo a Mediaword a meravigliarci per le ultima, strabilianti offerte di quel mondo sfavillante di consumi facili, noi non siamo più disposti ad ascoltarli.
1 commento:
Grat! grazie della segnalation (semo merikani or not?)così mi scaglio l'ennesima rottura di coglionazzi!
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