Da tempo vorrei scrivere un pezzo su correre, born to run, ma ogni volta qualcosa mi blocca. E’ un argomento che richiede una trattazione profonda, una ricerca di significanze nascoste sotto i veli dell’apparenza. Ci ho provato con “camminare”, qui. E’ un argomento già oggetto di narrazioni “altissime” come quella di Thoreau, e un’antologia interamente dedicata alla nobile arte rimbaldiana curata dal mio amico Pierfrancesco. Correre è forse più rigoroso, diciamo più militare, perché richiede un maggior consumo di risorse fisiche in un tempo più breve. Apparentemente correre lascia meno spazio all’interazione con l’ambiente, alla contemplazione, perché siamo concentrati sulla respirazione, sulla muscolatura, su un obiettivo, che può essere temporale (mezz’ora, un’ora ecc) o spaziale (in chilometri). Correre è anche oggetto di sofferenza e di noia, perché quel preciso momento chiamato “rompere il fiato”, che arriva quando inizia la ventilazione-iper e l’organismo supera il bisogno urgente di ossigeno, è duro da raggiungere, bisogna superare una specie di soglia di disperazione, per cui è alta la tentazione di lasciare perdere.
Camminare è più epico, più eroico. Esistono itinerari classici, seguiti da migliaia di persone, come Santiago di compostela, gli antichi pellegrinaggi, una “via degli dei” che collega Firenze a Bologna, e molto altro. Esiste anche un sito interamente dedicato al camminare come stile di vita, come aggregazione sociale, qui.
Per cui non sono mai riuscito ad affrontare la corsa nella scrittura, questa tensione interna, intima, questa sfida con se stessi. L’argomento è al tempo stesso sterminato e limitato. E vissuto in maniera diversa da tutti noi. Molti lo considerano un allenamento, una cura estetica del corpo: perdere peso, affinare la muscolatura, smaltire i grassi e gli accumuli di proteine. I parchi sono pieni di uomini e donne di varie età che dopo il lavoro escono per bruciare calorie. Li vedo, alcuni vestiti con giubbotti di plastica per aumentare la sudorazione, sofferenti, determinati. Rabbiosi quasi. Anche qui sta la differenza tra correre e camminare. La motivazione di chi cammina è fisica ma anche morale. Usare i muscoli, i nervi, ma soprattutto attraversare territori esterni e interiori. Camminare è infatti un'attività contemplativa e al contempo un rapporto profondo con se stessi, una forma di pulizia mentale. Difficilmente chi cammina indossa una giacca a vento col solo scopo di sudare. Invece chi corre fa anche di peggio. Quando la finalità è soprattutto migliorare l’aspetto fisico per le vacanze estive, si commettono errori madornali e si spreca un’opportunità preziosa di raggiungere rigore e disciplina interiori. Un altro errore molto diffuso è parlare durante la corsa. Si vedono gruppi, soprattutto maschili, di persone che corrono a ritmo sostenuto e urlano. Parlare è impossibile col ritmo accelerato della respirazione, per cui si declama, si grida. In questo modo l’armonia della respirazione viene stravolta. Che occasione persa. Il beneficio della corsa si ha quando il ritmo del respiro si sintonizza con quello muscolare, si stabilisce un equilibrio. E’ importante “sentire” l’ossigeno che scorre in noi, l’energia che coinvolge le nostre cellule vitali. In questo modo si raggiunge una forma di meditazione, perché la mente si svuota dai pensieri “diplomatici”, dome avrebbe detto Leopardi, per entrare in un rapporto di arte marziale. La mente si ripulisce dalle scorie e attraverso il respiro e il dinamismo muscolare rinsalda la forza di volontà, fortifica la tenacia. Infatti quando arriva il momento di massima disperazione di cui parlavo la volontà ci impone di continuare. E interviene anche sul lungo periodo, quando correre può diventare noioso, perché causa fatica, affanno. L’arte marziale, che non ha nulla a che vedere con l’ossessione estetica mascherata da salutismo, serve non solo per sviluppare la tenacia, ma per goderne: darsi un obiettivo, combattere le avversità, non perdersi d'animo, puntare al raggiungimento dell’armonia tra il respiro, il battito cardiaco, la circolazione, la cadenza del passo; impegnarsi per raggiungerlo è motivo di felicità.
E correndo si può essere felici.
(Nella foto: la premiazione dei 200 metri alle olimpiadidi Città del Messico il 16 ottobre 1968: Tommie Smith e John Carlos salutano col pugno chiuso delle Black Panther)
6 commenti:
che pezzo!!!
oggi, sul fiume, durante il mio allenamento, ti penserò ;-))
un abbraccio
eli
Sono proprio contento
Il tuo modo di scrivere e' molto cambiato, piu' leggero, fluido, non mette piu' ansia, non e' piu' rabbioso; almeno io lo sento cosi', lo sentivo cosi'.
Quindi grazie, per questi pezzi belli,riflessivi, pieni di verita' e passione e silenziosi...
Silenzio per me e' sinonimo di piacere :)
Da tempo cammino al mattino presto, prestissimo; le 5 sono perfette, perche' in giro non c'e'quasi nessuno, quasi... Qualche
giovane ragazza con il cane, i primi negozianti che aprono bottega, soprattutto bar e panettierie; rari ciclisti assonnati che si recano, credo, al lavoro.
Mi piace camminare e pensare, camminare nel silenzio di un giorno ancora tutto da fare, che ti lascia il tempo di sognare, mentre respiri quell'aria che speri buona. Le luci dell'alba quasi mi disturbano e forse per questo non cammino mai la sera,quel buio che puo' diventare solo piu' scuro, mi agita, mentre il buio del mattino mi rassicura, e' un'alba, un inizio. D'estate poi, in spiaggia vedere il sole venir su dal mare ...
Ciao, Mauro e davvero grazie.
p.
Grazie p. E' vero sulla leggerezza, anche se purtroppo la vena rabbiosa non può estinguersi, per esempio di fronte all'azione di questo governo violento truccato da gentile. Ma cerco di lasciarmelo alle spalle, di respirare aria fresca, camminando e correndo. Condivido il gusto del mattino presto, e la scarsa attrazione per le camminate di notte. Un tempo, quando avevo il mio cane Orso, camminavo con lui nelle notti milanesi, anche nei parchi. Era diverso. Ero io diverso. Una volta programmai un'attraversata completa della città, l'interna notte a piedi.
Ciao, Mauro...
ho letto che c'e' a Bologna una bella mostra di disegni su cartolina fatti dai bambini emiliano-romagnoli sulla necessita' di curare luoghi deputati ai pedoni.
Ancora una volta saranno i bambini a salvarci, visto che i disegni sono stati inviati ai sindaci delle citta' perche' si diano da fare? O ancora una volta si predica bene e si razzola male?
Un'altra cosa...un opuscolo dei monopoli di stato nelle scuole superiori italiane...pubblicita' al gioco d'azzardo; chi non gioca, si legge, e' un "integerrimo bacchettone” . Sono sconvolta.
Con affetto
P.
Thanks for a great rread
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