Più aggressivo e splatter che mai. I telegiornali di questi giorni si aprono con enfasi su casi horror di cronaca nera, con dovizia, se possibile, di particolari. Il principale è certamente il caso di Yara, la ragazzina trovata morta dopo essere stata seviziata. Un caso davvero terribile. Sul quale ora i media speculano, dopo l'annuncio di un ministro-sciacallo, con la consueta mancanza di qualsiasi etica professionale. Tipica, nei telegiornali italiani, la domanda del "giornalista" al padre o alla madre di una vittima: "Come si sente?" Atroce. Da colpirlo di piatto in faccia con una padella. Invece ce lo dobbiamo sorbire in TV.
Su questa triste deriva di una informazione già da terzo mondo, segnalo qui un interessante articolo de il manifesto.
Yara, Alfano dà per primo la notizia e la tragedia è servita
di Giorgio Salvetti
Una tragedia. Ecco cos’è la storia di Yara Gambirasio. E non solo
la sua. Qui sta il mistero. Non quello dell’assassino che sarebbe stato inchiodato
dal dna. Ma il nostro. Parliamo di loro per parlare di noi. Nella cultura
pop la catarsi collettiva per compiersi ha bisogno di un terribile caso
di cronaca nera. Va in scena a reti unificate. E poco importa se
non c’è niente di giusto.
In questa storia c’è tutto. L’efferato omicidio di una ragazzina di 13
anni e la morbosità delle tracce organiche sui suoi slip. Il primo
mostro sbattuto in prima pagina fu uno straniero poi scagionato. E ora
è un muratore, padre di famiglia che non sa neanche chi è suo
padre. Temi ancestrali, irrazionali, conditi da elementi supermoderni ma
altrettanto misterici: il test del dna di massa. Ancora una volta folle di
telecamere si assiepano come un plotone di esecuzione davanti ad anonime
villette di provincia. Quella del “mostro”, ma anche di sua moglie
e dei suoi bambini. Quella di sua madre accusata per di più di aver partorito
di nascosto un figlio «illegittimo». E anche quella della vittima,
dove vivono i genitori di Yara. Sciamano taccuini assetati di dichiarazioni
che non avrebbero diritto di cronaca per nessun motivo al mondo. Domande inutili
e insensate: «Secondo lei è davvero stato lui?».
A dare il via allo spettacolo però questa volta è stato niente meno
che il ministro degli interni Angelino Alfano. È stato lui a battere
tutti sul tempo, voleva dare per primo la notizia. Quasi come se volesse prendersene
il merito o fare concorrenza a Bruno Vespa. «L’opinione pubblica
aveva il diritto di sapere», ha rivendicato. Dopo l’annuncio del Viminale il
circo mediatico non ha più avuto limiti né rispetto per nessuno. Neppure per
Yara: la sua immagine ancora una volta è stata servita ai telespettatori
per cena insieme ai dettagli sul suo corpo martoriato. Accanto al suo viso
innocente è stato gettato in pasto agli schermi il viso del presunto
colpevole. Senza pensare minimamente che anche lui ha dei diritti. Tutte
le tv incantate per ore: hanno rilanciato a ripetizione le insignificanti
immagini delle auto dei carabinieri che lo portavano in carcere in una
sorta di trance collettiva con tanto di folla urlante. Non sono stati risparmiati
neppure i volti dei suoi figli minorenni, le foto rubate dalla pagina
facebook del padre.
Anche gli inquirenti non sono stati ascoltati. Il procuratore capo di
Bergamo, Francesco Dettori, non ha per niente gradito la velina lanciata
in anteprima dal ministro Alfano. Avrebbe preferito mantenere il massimo
riserbo «anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la
presunzione di innocenza», ha detto. Alfano gli ha risposto male: «Non ho
dato dettagli, piuttosto la procura dovrebbe chiedersi chi ha inondato
i media di una quantità infinita di informazioni». In cambio il ministro
è stato bacchettato su facebook da Beppe Grillo: «Alfano l’ha fatta
grossa».
Ecco dove è finita la politica. Per un giorno sembrava sparita. Ieri
i giornali online, tra una partita e l’altra, erano ridotti
a un lungo elenco di omicidi efferati. Segno che è iniziata
l’estate, o che la fase politica italiana è ormai stabilmente
noiosa. E allora non resta che tornare a cavalcare la cronaca
nera. Un’altra tragedia.
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