Ho già scritto sul carnage (massacro) della critica cinematografica italiana, qui. Cioè l’omologazione, la superficialità di molte cosiddette recensioni, per cui non è possibile farsi un’idea del film, essendo gli articoli poco più che schede di tipo divulgativo, sorta di veline che sembrano uscite dagli uffici stampa delle case di produzione. E’ tutto molto triste. Un tempo i critici si mettevano in gioco, rischiavano. Oggi non siamo neanche sicuri che abbiano visto il film. E poi quel timore di osare, di essere sinceri. Uno va al cinema, spinto anche dagli “strilli” in cartellone (estratti di recensioni con aggettivi mirabolanti), e si chiede: ma che ha visto quel giornalista? Ma dov’era?
Mi è capitato anche con La talpa, il film tratto da un romanzo di John Le Carrè, Il thriller più sofisticato dell’anno, Una spy story magistrale ecc. C’è da non credere ai propri occhi.
Qui una recensione de L’Unità. Non dice nulla, sembra che l’autore, o l’autrice, abbia il terrore di esporsi. A parte ovviamente la solita battuta di stampo promozionale: “La talpa è l'ennesima dimostrazione di quanto la scuola di recitazione britannica sia la migliore del mondo”. Eccoci serviti. Ora corriamo a comprare i biglietti. Ovviamente non è tutto monolitico, ci sono delle eccezioni, come questa, ma bisogna spulciare sul web, mentre la critica dei giornali, la critica pop, è sostanzialmente allineata.
Il fatto è che La Talpa sarà pure recitato bene, e gli ambienti saranno anche molto ben curati (come tutti si accaniscono a sottolineare), ma resta un film incomprensibile, con una sceneggiatura sconclusionata, scene disarticolate, battute astruse, “svolte” gratuite buttate sullo schermo col badile. Ma perché non dirlo perdio? Perché quella reticenza? E non è solo un’impressione mia. Gli spettatori davanti, dietro e di fianco a me non hanno capito quasi nulla. Perché è impossibile seguire l’avvitamento delle scene, la sarabanda dei personaggi che appaiono e scompaiono senza preavviso né giustificazione, come in un viaggio allucinogeno.
Bisognerebbe istituire un servizio pubblico di critica cinematografica (e il discorso vale in parte anche per quella letteraria) per aiutare gli spettatori a districarsi nell'intreccio perverso delle recensioni inutili e fasulle. Un soccorso rosso dopo l’estinzione della critica, divorata dal mercato liberista e dall’opportunismo.
1 commento:
Mah... sarà! Mi pare però che sei tu a non capire un tubo di cinema! Il film ha vinto due BAFTA ed era nominato a 3 premi Oscar. Ma tu che ci capisci di cinema...
Inoltre la recensione dell'Unità si spinge molto avanti. Dice addirittura che meritava il Leone d'Oro!!!
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