Aiuto! Aiuto!
Adesso chi lo ferma?
E’ iniziato il festival di Sanremo. Per quattro giorni, più non so quanti di dopo-festival, siamo nel delirio. Infatti questo ormai mi sembra l’aspetto dominante dei media italiani: l’isteria, tutti che dicono e scrivono le stesse cose, tutti che cercano di urlare più forte, e le fievoli, isolate voci critiche sono soffocate da questo urlo assordante.
Comunque, impossibile non guardarlo. E poiché non ho via d’uscita, la vigilia riflettevo sui tre problemi principali che rendono il processo masoch-coatto estremamente problematico e denso di sofferenze.
Primo problema: Paolo Bonolis, il più amato dagli italiani (o meglio, dalle italiane). Bercia in TV a tutte le ore del giorno, più gli spot del caffè, e ora eccolo presentatore di Sanremo. Chi lo ferma più questo? Forse solo la politica, quando a Forza Italia capiranno che, con lui in lista, altri cinque anni di businness non glieli cava più nessuno. Il problema n.1 si è rivelato subito molto, molto grave. Prima del festival ha condotto il suo solito programma di quiz, poi è arrivato come un tornado, iniziando subito a prendere a pesci in faccia la Clerici, mentre guardava quella specie di platessa cotta a vapore di Federica Felini con la lingua fuori. Poi sono arrivati i primi spot con lui come protagonista, televendita di Vodafone, Fiat. Poi, tra una battuta greve e l’altra, è arrivato l’ospite Bublè. Qui il più amato dalle italiane ha superato se stesso. Ha straparlato, cantato, ha fatto tutto lui; in pratica il povero Bublè ha potuto solo cantare due canzoncine da copione, per il resto ha assistito alle performances del presentatore scatenato. Di nuovo spot, con Bonolis come al solito protagonista, e via di gran carriera, con battutacce verso questo e quello, parlantina a mitraglia e comizi vari. Non è un uomo, è uno tsunami. Lo tsunami più amato dalle italiane.
Secondo problema: la faccia di Fabrizio del Noce in platea, che la telecamera servile avrebbe inquadrato di continuo. Anche qui, il problema n. 2 si è rivelato gravissimo: non solo c’era lui, era addirittura affiancato dal compare direttore Cattaneo. La telecamera zelante li mostrava felici, trionfanti e gongolanti; per fortuna ci siamo risparmiati le ruffianate alla Fiorello, con baci in bocca e altre schifezze.
Terzo problema: le canzoni, la broda melensa delle canzoni di Sanremo. E ancora una volta il problema n. 3 si è rivelato drammatico. Quando mi ero preparato psicologicamente all’impresa di ascoltare quelle lagne, ecco che arriva Umberto Tozzi, un soggetto del tutto privo di voce che ha “cantato” (ma canta quello?) una delle canzoni più vomitevoli di tutto il panorama della musica vomitevole italiana. Non ce l’ho fatta: quando arrivavano le canzoni cambiavo canale e andavo su Ballarò, mi facevo prendere dalle discussioni e mi dimenticavo del festival e dello tsunami più amato dalle italiane. Poi mi sono fermato definitivamente su Markette e ho mollato per sempre il baraccone.
In appendice ci sono le due vallette. La supersvampita Antonella Clerici era confezionata in vari uova di pasqua multicolori, inventati dal cosiddetto stilista Gai Mattiolo, mentre la platessa Felini era di basso profilo; forse perché, come ho appreso da un programma di gossip, è “intelligente” (sì, hanno detto proprio così), e la prova è che l’hanno vista col libro di Piperno. Intanto non posso che fare i complimenti a Piperno, visto che il suo libro costituisce una patente di intelligenza. Però ho sentito con le mie orecchie la platessa intelligente che dichiarava: “adoro Renato Zero”. Dunque come la mettiamo?
Adesso chi lo ferma?
E’ iniziato il festival di Sanremo. Per quattro giorni, più non so quanti di dopo-festival, siamo nel delirio. Infatti questo ormai mi sembra l’aspetto dominante dei media italiani: l’isteria, tutti che dicono e scrivono le stesse cose, tutti che cercano di urlare più forte, e le fievoli, isolate voci critiche sono soffocate da questo urlo assordante.
Comunque, impossibile non guardarlo. E poiché non ho via d’uscita, la vigilia riflettevo sui tre problemi principali che rendono il processo masoch-coatto estremamente problematico e denso di sofferenze.
Primo problema: Paolo Bonolis, il più amato dagli italiani (o meglio, dalle italiane). Bercia in TV a tutte le ore del giorno, più gli spot del caffè, e ora eccolo presentatore di Sanremo. Chi lo ferma più questo? Forse solo la politica, quando a Forza Italia capiranno che, con lui in lista, altri cinque anni di businness non glieli cava più nessuno. Il problema n.1 si è rivelato subito molto, molto grave. Prima del festival ha condotto il suo solito programma di quiz, poi è arrivato come un tornado, iniziando subito a prendere a pesci in faccia la Clerici, mentre guardava quella specie di platessa cotta a vapore di Federica Felini con la lingua fuori. Poi sono arrivati i primi spot con lui come protagonista, televendita di Vodafone, Fiat. Poi, tra una battuta greve e l’altra, è arrivato l’ospite Bublè. Qui il più amato dalle italiane ha superato se stesso. Ha straparlato, cantato, ha fatto tutto lui; in pratica il povero Bublè ha potuto solo cantare due canzoncine da copione, per il resto ha assistito alle performances del presentatore scatenato. Di nuovo spot, con Bonolis come al solito protagonista, e via di gran carriera, con battutacce verso questo e quello, parlantina a mitraglia e comizi vari. Non è un uomo, è uno tsunami. Lo tsunami più amato dalle italiane.
Secondo problema: la faccia di Fabrizio del Noce in platea, che la telecamera servile avrebbe inquadrato di continuo. Anche qui, il problema n. 2 si è rivelato gravissimo: non solo c’era lui, era addirittura affiancato dal compare direttore Cattaneo. La telecamera zelante li mostrava felici, trionfanti e gongolanti; per fortuna ci siamo risparmiati le ruffianate alla Fiorello, con baci in bocca e altre schifezze.
Terzo problema: le canzoni, la broda melensa delle canzoni di Sanremo. E ancora una volta il problema n. 3 si è rivelato drammatico. Quando mi ero preparato psicologicamente all’impresa di ascoltare quelle lagne, ecco che arriva Umberto Tozzi, un soggetto del tutto privo di voce che ha “cantato” (ma canta quello?) una delle canzoni più vomitevoli di tutto il panorama della musica vomitevole italiana. Non ce l’ho fatta: quando arrivavano le canzoni cambiavo canale e andavo su Ballarò, mi facevo prendere dalle discussioni e mi dimenticavo del festival e dello tsunami più amato dalle italiane. Poi mi sono fermato definitivamente su Markette e ho mollato per sempre il baraccone.
In appendice ci sono le due vallette. La supersvampita Antonella Clerici era confezionata in vari uova di pasqua multicolori, inventati dal cosiddetto stilista Gai Mattiolo, mentre la platessa Felini era di basso profilo; forse perché, come ho appreso da un programma di gossip, è “intelligente” (sì, hanno detto proprio così), e la prova è che l’hanno vista col libro di Piperno. Intanto non posso che fare i complimenti a Piperno, visto che il suo libro costituisce una patente di intelligenza. Però ho sentito con le mie orecchie la platessa intelligente che dichiarava: “adoro Renato Zero”. Dunque come la mettiamo?
Questo post è pubblicato con ritardo (l'avevo previsto per stamattina) ma sono rimasto chiuso fuori casa e ho impiegato quasi quattro ore per procurarmi un secondo mazzo di chiavi.
1 commento:
Ma perchè occuparsi ancora del Festival di Sanremo? Anche l'ironia ormai suona vuota. È davvero difficile dire ancora qualche cosa su questo evento sopravvissuto a sè stesso.
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