Il Viaggiatore notturno di Maurizio Maggiani
Di Riccardo Bigi
Sono andato in libreria, ho preso in mano il libro da una delle tre pile alte dal pavimento alla mia spalla, l'ho guardato, soppesato... Poi ho girato lo sguardo e ho visto, defilato, su un espositore, Maurizio Maggiani, Il viaggiatore notturno (Feltrinelli). Maggiani è uno scrittore complesso, poco alla moda. Su questo libro avevo letto solo qualche piccola segnalazione (non certo i servizi di sei pagine con foto in copertina come quelli dedicati al Caso Piperno). Ero lì, in mezzo alla libreria, da una parte il caso letterario, dall'altro uno che ci mette anni a scrivere un libro, perché deve prepararsi, viaggiare, conoscere i luoghi e le persone. Un anarchico, un grande raccontatore di storie. Scegliere era obbligatorio: per motivi economici (i libri non costano poco) ma anche di tempo. Non riesco a leggere tutto quello che vorrei, devo discernere, vagliare. Così ho afferrato Maggiani, ho pagato e sono uscito.
Se non avete mai letto nulla di questo magro cinquantenne, nato sulle montagne tra Liguria e Toscana, Il viaggiatore notturno è un’ottima occasione per cominciare. "Maggiani", recita la sua scheda, "vanta un curriculum da scrittore americano dei tempi eroici: è stato maestro carcerario, maestro di bambini ciechi, operatore cinematografico, aiuto regista, montatore, fotografo, pubblicitario, costruttore di pompe idrauliche, impiegato comunale". Ha raggiunto una certa notorietà una decina di anni fa, quando Il coraggio del pettirosso vinse qualche premio letterario; lo ricordo anche affacciato al balcone del Costanzo Show, un po’ spettinato, sembrava un uccellino caduto dal nido. Il suo nuovo libro parte dal deserto africano dell’Hoggar, anzi esattamente dalla tomba di Charles de Foucauld, soldato, viaggiatore, eremita e poeta, e arriva fino al sanguinoso assedio di Tuzla, durante la recente guerra di Bosnia, con un volo di rondine che attraversa paesaggi, storie, personaggi. È un libro che parla di animali (il protagonista è un etologo che studia le migrazioni di uccelli e mammiferi) e di uomini, che fra tutte le bestie sembrano essere le peggiori. Ma è un libro che parla anche di pietà umana, della ricerca del bello, del vero e del buono nella tragedia della guerra, della ricerca del Semplice nel disordine del mondo. Maggiani usa una prosa molto bella, mai banale, racconta storie fuori dal tempo come quella del fiero popolo africano dei Tagil, abitatori del deserto, o dell’antica setta balcanica dei Bogumili, che per sopravvivere mescolano islam e cristianesimo.
Piperno lo leggerò quando esce in edizione economica.
1 commento:
Ma... scusate... vale davvero la pena di leggerlo (ancora, nel caso si fosse letto già qualche cosa) Piperno? Ha davvero qualche cosa da dire?
Sono sincero: non prendetemi per uno con la puzza sotto il naso, in cerca del particolare, del sublime, delle cose per pochi eletti... Ma i "servizi di sei pagine con foto in copertina come quelli dedicati al Caso Piperno" in genere mi allontanano da un libro, come la lista dei Best-sellers e dei vincitori di vari Premi (pagati dagli editori).
Non conosco Maggiani, ma la recensione (e il curriculum da "uno dentro la vita") mi ha incuriosito. Grazie Riccardo.
solaris
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